13 motivi per cui il COVID-19 impatterà a lungo sui mercati

Doug Kass di Seabreeze Partner illustra le diverse ragioni per cui la crisi economica attivata dal coronavirus potrebbe riverberarsi per molto tempo

13 motivi per cui il COVID-19 impatterà a lungo sui mercati
3' di lettura

Negli ultimi mesi l’SPDR S&P 500 ETF Trust (NYSE:SPY) è tornato a ruggire, con un guadagno di oltre il 40% rispetto ai minimi di marzo, sull basa delle aspettative di una ripresa economica per la seconda metà del 2020 e nel 2021 dopo le chiusure indotte dalla crisi del COVID-19.

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Purtroppo per gli investitori, il presidente della Seabreeze Partners Doug Kass ha affermato di recente che la ricaduta economica determinata dal Covid potrebbe persistere molto più a lungo di quanto il mercato sembri rendersi conto.

“In termini complessivi è probabile che il COVID-19 abbia un impatto duraturo sulle economie nazionali – in termini di produzione e di redditività ridotte – per diversi anni e, in alcuni settori, per sempre”, ha scritto Kass.

I 13 motivi

In effetti, nello scenario ribassista dipinto da Kass molte industrie gravemente colpite potrebbero tornare ad una percentuale che corrisponde soltanto all’80%-85% dei volumi di mercato precedenti. Ecco 13 motivi per cui Kass è preoccupato riguardo alla ripresa economica.

  • È possibile che industrie ad alta intensità di manodopera devastate dalla pandemia, tra cui la vendita al dettaglio, l’istruzione e la ristorazione, non si riprendano più in modo completo dalla crisi del coronavirus, date le sfide secolari che dovranno affrontare.
  • Anche le industrie che ruotano attorno al settore degli uffici, dei centri commerciali e di altre attività che potrebbero non recuperare in modo completo potrebbero osservare un recupero massimo dell’80% rispetto ai picchi precedenti.
  • La disoccupazione e la sottoccupazione aggraveranno i crescenti divari di reddito e ricchezza, che avranno implicazioni economiche e sociali negative.
  • Un numero minore di entrate implica che i governi federali e locali saranno costretti a tagliare servizi e posti di lavoro.
  • I governi cercheranno di compensare le minori entrate con l’aumento delle aliquote fiscali.
  • Nel 2020 le società hanno aumentato di 2,5 trilioni di dollari il loro debito non finanziario già ingente da 16 trilioni, ponendo le basi per una spesa di capitale molto debole nel corso dei prossimi anni.
  • Al fine di proteggere i clienti e i dipendenti, le aziende sopravvissute hanno dovuto far fronte a nuovi costi di business causati dal virus, con conseguente perdita di margini e di profitti.
  • Le società “zombi”, appese a un filo grazie agli stimoli federali e ai tassi di interesse prossimi allo zero, competono in modo aggressivo sui costi con le compagnie più sane, spingendo verso il basso la redditività a causa del tempo maggiore che impiegano a fallire.
  • Le piccole imprese, che storicamente hanno sempre apportato il maggior contributo nella creazione di posti di lavoro, sono state colpite più duramente dalla chiusura delle attività.
  • Le perdite permanenti di posti di lavoro saranno maggiori del previsto e colpiranno i consumi.
  • Lo stress finanziario dovuto alla pandemia di COVID-19 porterà le aziende sopravvissute ad essere più caute nella gestione dei loro bilanci, aggiungendo maggiori riserve di capitale e assumendosi meno rischi su crescita e investimenti.
  • I bassi tassi di interesse prolungati esercitano pressioni sui fondi pensione e sulle banche.
  • L’aumento della divisività politica rispetto alla gestione dell’epidemia e alle ricadute economiche potrebbe aumentare la polarizzazione e far diminuire le probabilità di ottenere una politica fiscale costruttiva.

Il punto di vista di Benzinga

Le condizioni descritte da Kass sembrano certamente rappresentare le peggiori prospettive in assoluto per gli investitori, ma si tratta senz’altro di timori che vale la pena monitorare, dato che l’S&P 500 sembra aver già prezzato un forte recupero per il 2021 e oltre. Kass ha affermato inoltre che esiste il rischio reale che gli utili delle società presenti nell’S&P 500 non supereranno i livelli del 2019 fino al 2023.