Il clima cambia, in peggio, anche per Sarah Bloom Raskin

Di seguito analizziamo i motivi del ritiro della Raskin dalla corsa alla vice presidenza della vigilanza bancaria della Fed. Un problema di “cambiamento climatico”?

Il clima cambia, in peggio, anche per Sarah Bloom Raskin
8' di lettura

La decisione di Sarah Bloom Raskin di ritirarsi dalla corsa alla vice presidenza della vigilanza bancaria della Federal Reserve come nominata del presidente Joe Biden è stata attribuita alla sua difesa dell’utilizzo dei poteri normativi della banca centrale per imporre la lotta ai rischi climatici all’interno delle istituzioni finanziarie.

Ricevi una notifica con le ultime notizie, i nostri articoli e altro ancora!

In passato la Raskin è stata membro del Board dei governatori della Federal Reserve ed è stata vice segretaria al Tesoro nell’amministrazione Obama; tuttavia la sua nomina ha stabilito un precedente in quanto il focus della sua candidatura era rivolto alla sua filosofia politica riguardo al ruolo delle autorità di regolamentazione finanziaria.

Non essendo riuscita ad assicurarsi il sostegno della maggioranza al Senato — tutti i 50 Repubblicani, più il Democratico del West Virginia Joe Manchin, si sono opposti alla nomina — la fallita candidatura della Raskin potrebbe far riconsiderare il fatto che il sostegno alle soluzioni per combattere il cambiamento climatico non sia forse un’idea politicamente vincente.

La visione della Raskin

Lo scorso settembre la Raskin ha pubblicato un articolo di opinione su Project Syndicate nel quale si chiede perché gli Stati Uniti non possano seguire l’esempio di altri Paesi e incorporare le preoccupazioni sul cambiamento climatico nelle loro attività di regolamentazione finanziaria.

“Sebbene nessuna delle agenzie di regolamentazione sia stata specificamente progettata per mitigare i rischi di eventi legati al clima, ognuna di esse ha un mandato abbastanza ampio da comprendere questi rischi nell’ambito degli strumenti già dati dal Congresso”, ha scritto la Raskin. “Di conseguenza, tutti i regolatori statunitensi possono — e dovrebbero — guardare ai loro attuali poteri e valutare in che modo potrebbero essere portati a sostenere iniziative per mitigare il rischio climatico”.

La Raskin ha affermato che le autorità di regolamentazione finanziaria dovrebbero “essere incoraggiate a pensare in modo più fantasioso su come impegnarsi nelle iniziative di transizione locale. Ad esempio, come potrebbero essere messe insieme le politiche finanziarie di diverse agenzie per produrre risultati che consentano alle aziende di raggiungere i loro obiettivi di emissione zero? Come si può utilizzare la politica finanziaria per contribuire ad accelerare una transizione che riconverta i lavoratori verso nuovi posti di lavoro o per assistere le famiglie a cui viene chiesto di cambiare le proprie abitudini di spesa? E in che modo le modifiche normative relative alla trasparenza, all’accesso al credito e alla valutazione del rischio possono sostenere una transizione ecologica rapida e giusta?”

Secondo un report di Politico, la Raskin non si sarebbe scusata per le sue opinioni quando ha avvertito il Presidente Biden della sua decisione di non portare avanti la nomina.

“Il loro punto di contesa è stata la mia franca discussione pubblica sul cambiamento climatico e sui costi economici ad esso associati”, ha scritto in una lettera a Biden. “Era, ed è, la mia attenta valutazione che i pericoli derivanti dal cambiamento climatico debbano essere aggiunti all’elenco dei gravi rischi da considerare per la Federal Reserve mentre lavora per garantire la stabilità e la resilienza della nostra economia e del nostro sistema finanziario”.

Cambiano i tempi

L’opinione pubblica ha in gran parte sostenuto gli sforzi per accrescere la consapevolezza e riconoscere la responsabilità dei cambiamenti climatici. Il 23 febbraio i dati delle Climate Opinion Maps dell’Università di Yale hanno rilevato che il 72% degli americani ammette che il riscaldamento globale si sta effettivamente verificando; il 65% degli intervistati afferma di essere preoccupato per questa situazione; il 77% è a favore di stanziamenti pubblici per la ricerca di soluzioni di energia rinnovabile e per fornire sconti fiscali sui pannelli solari e sulle automobili a basso consumo energetico.

Il giorno dopo la pubblicazione dello studio dell’Università di Yale l’esercito russo ha invaso l’Ucraina, e questa nuova guerra ha portato una rinnovata attenzione alle politiche energetiche di tutto il mondo. All’interno degli Stati Uniti, l’amministrazione Biden ha risposto a questa crisi — che ha visto la benzina raggiungere prezzi record in tutti gli USA — con un maggior desiderio di far transitare il Paese dai combustibili fossili all’energia verde; eppure a molta gente questi sforzi sono spesso sembrati inconcludenti nel combattere la brutale morsa finanziaria esercitata dall’aumento dei prezzi della benzina su molti americani.

Una conferenza stampa congiunta dell’8 marzo tenuta dalla Vicepresidente Kamala Harris e dal segretario ai trasporti Pete Buttigieg ha mostrato il problema di questo approccio; la Harris ha parlato con entusiasmo di un futuro con camion merci a emissioni zero e Buttigieg ha invocato un aumento dell’utenza sul trasporto pubblico, oltre ad esprimere la volontà di costruire una rete nazionale di stazioni di ricarica per auto elettriche da 5 miliardi di dollari. Nessuno dei due ha detto una parola sull’attuale crisi dovuta all’aumento dei prezzi della benzina.

“Possiamo affrontare la crisi climatica e far crescere la nostra economia allo stesso tempo”, ha dichiarato la Harris.

Ma mentre la Vicepresidente e Buttigieg insistevano sul fatto che dobbiamo guardare al futuro, Biden insisteva sul fatto che non dobbiamo guardare a lui per quanto riguarda i problemi energetici odierni. Prima della guerra in Ucraina, il Presidente degli Stati Uniti attribuiva l’aumento dei prezzi della benzina alle avide compagnie energetiche, ma dopo lo scoppio del conflitto ha iniziato a dare la colpa al suo omologo russo.

“L’attuale aumento dei prezzi della benzina è in gran parte colpa di Vladimir Putin”, ha dichiarato Biden lunedì durante un discorso davanti alla National League of Cities, aggiungendo che il peggio deve ancora arrivare. “I prezzi della benzina e i prezzi del petrolio per il riscaldamento domestico continueranno a salire a causa di questi embarghi sul petrolio russo e di altre cose che ha causato [Putin]”.

Una battaglia politica

All’inizio di questa settimana 80 legislatori Democratici della Camera dei Rappresentanti hanno inviato una lettera a Biden chiedendo di riavviare i negoziati sul Build Back Better Act, che include oltre 500 miliardi di dollari in investimenti nella lotta al cambiamento climatico.

La legge si è impantanata quando il senatore Manchin del West Virginia si è rifiutato di sostenerla. Senza il suo sostegno, la normativa non è riuscita a passare in un Senato equamente diviso ma che questa volta si sarebbe orientato a favore dei Democratici grazie al voto potenzialmente decisivo della Vicepresidente Harris.

“Per tutto il 2021 abbiamo testimoniato gli impatti devastanti della crisi climatica, illustrando ulteriormente perché l’azione di trasformazione non può aspettare”, hanno scritto i legislatori nella loro lettera. “L’inazione ora comporterà conseguenze irreversibili per le nostre generazioni future”.

Ma questa enfasi sul cambiamento climatico attirerà gli elettori? Uno studio del Pew Research Center pubblicato il 16 febbraio (otto giorni prima dell’invasione russa dell’Ucraina) ha rilevato che il tema “affrontare il cambiamento climatico” si è classificato appena al 14° posto tra le prime 18 questioni nella mente degli elettori americani. Le principali preoccupazioni degli elettori sono risultate invece le questioni socioeconomiche, come il rafforzamento dell’economia, la gestione del COVID-19 e la qualità dell’istruzione; tra le varie fasce di età, il 54% degli adulti sotto i 30 anni ha affermato che il cambiamento climatico globale dovrebbe essere una priorità assoluta, mentre la questione ha molta meno priorità tra gli altri gruppi demografici.

Il cambiamento climatico non è una priorità condivisa tra gli intervistati Democratici e Repubblicani dello studio del Pew Research Center; ben il 65% degli intervistati Dem ha insistito sul fatto che il cambiamento climatico sia una priorità, rispetto all’11% dei Repubblicani.

Non sorprende che questo divario partigiano si sia amplificato all’indomani del ritiro della Raskin. La Casa Bianca addossa il fallimento della sua nomina agli “attacchi infondati da parte dell’industria e dei gruppi di interesse conservatori”, mentre il leader della minoranza al Senato Mitch McConnell (Repubblicano — Kentucky) ha detto che è “arrivato il tempo che la Casa Bianca ammetta il suo errore e ci mandi qualcuno adatto”.

Il punto di vista di Benzinga

Al momento gli americani non sembrano essere attirati dal messaggio di Biden sulla lotta al cambiamento climatico. Né dagli altri suoi messaggi, se è per questo; secondo i dati diffusi questa settimana dal centro dati FiveThirtyEight — divisione della ABC News Internet Ventures di Walt Disney Co. (NYSE:DIS) — Biden ha un indice di gradimento del 42,8%, mentre quando era entrato in carica l’indice era a quota 53%.

Il fallimento della nomina della Raskin indica che la lotta al cambiamento climatico può essere usata come strumento per attaccare figure politiche, piuttosto che come piattaforma per far avanzare un’agenda politica. E per coloro che spingono in maniera aggressiva affinché il cambiamento climatico diventi una priorità politica ed economica sembra necessaria una nuova strategia, visto che si rivolgono a elettori più preoccupati per le crisi attuali che per la situazione dell’ambiente tra 50 o 100 anni.

Vuoi leggere altre notizie sui mercati azionari e le criptovalute? Non perderti la nostra newsletter per imparare a fare trading sulle opzioni.

Foto: Catazul//Pixabay