Il mining di criptovalute rinnovabili nelle Alpi italiane può portare a una nuova era di sostenibilità per le valute digitali?

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Si sono caratterizzate per novità, crescita di valore e tecnologia digitale: le criptovalute sono ancora un fenomeno in continua espansione. Nate nel 2008, non sono un’entità fisica, ma si generano con uno scambio virtuale e si basano sul principio della crittografia. Sono state pensate per svincolarsi dai governi e le istituzioni finanziarie, per operare decentralizzate, senza gerarchie e alla pari (peer-to-peer). Ma ultimamente hanno sollevato delle lamentele per gli alti consumi energetici necessari alla loro sopravvivenza.

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L’estrazione delle criptovalute

Non esiste un istituto che crea le criptovalute perché si basano sulla blockchain, una catena virtuale di blocchi di dati che contengono tutte le informazioni e transazioni effettuate per ogni moneta. E per evitare errori, problemi o truffe nei pagamenti, questi dati devono essere verificati, attraverso l’attività del mining. La parola deriva dal verbo inglese to mine, che significa estrarre, e rappresenta la procedura realizzata dai cosiddetti miners (minatori) che sfruttano la potenza dei propri computer e dei complessi algoritmi per effettuare dei controlli di verifica. Il miner viene ricompensato con la creazione di nuove criptovalute. Un tempo era più facile, ma ora questo lavoro si è sempre più diffuso, ed è diventato complesso ed esclusivo.

(Image: Tradingview.com)

Infatti, ad oggi, non si possono più utilizzare dei computer e dei processori normali ma bisogna possedere dei dispositivi con CPU e GPU con capacità e consumi energetici più elevati e dei software ancora più specifici. E proprio perché particolarmente potenti, questi strumenti consumano molta energia, i costi sono alti e non facilmente sostenibili. Inoltre, ci sono delle spese iniziali consistenti per i materiali, per la corrente elettrica e per la manutenzione. Quindi, fare mining oggi, non è alla portata di tutti.

L’impatto ambientale delle monete digitali

Da tempo si è insinuata la polemica sull’impatto ambientale che produce lo spropositato consumo di energia richiesta per avere le macchine sempre attive per creare le monete. Infatti, alcuni paesi come la Cina hanno vietato l’estrazione e il commercio delle criptovalute e si sono trasferite verso il Canada, gli Stati Uniti, il Kazakistan e in altri paesi dove l’energia è a basso costo, dato che l’elettricità rappresenta il 90% delle spese di estrazione delle criptovalute.

Nel 2021 c’è stato un aumento della domanda globale di monete virtuali e di mining che hanno consumato circa lo 0,4-1% dell’elettricità globale. L’estrazione di cripto, infatti, è spesso lasciata allo sbando, senza regolamentazioni. Basti pensare che Bitcoin, durante la sua fase di crescita nell’anno passato, secondo i dati diffusi dalla Cambridge University, si è maggiormente diversificato raggiungendo i 137 terawattora di consumo energetico annuo, paragonabile a quello di un intero paese come la Svezia. Questo scenario d’espansione incontrollata è però difficilmente prolungabile.

(Image: Bloomberg NEF, IEA)

I mercati delle valute digitali si stanno infatti organizzando per avere una supervisione normativa. La European Securities and Markets Authority (ESMA) ha richiesto di sostituire l’attuale metodo di estrazione detto “proof of work” e incrementare l’alternativo “proof of stake”, per un minor dispendio energetico. Per poter continuare ad investire su Bitcoin e i suoi fratelli serviranno alcuni requisiti per rispondere ad una determinata regolamentazione che potrebbero essere quella di diminuire l’uso energetico durante le ore di punta e usufruire di fonti di energia rinnovabile.

Maxim Manturov, Responsabile Consulenza in materia di investimenti di Freedom Finance Europe, afferma che: “C’è ora un forte interesse per i derivati delle criptovalute: alla fine dicembre 2021 le posizioni aperte nei futures e nelle opzioni di Bitcoin erano rispettivamente di circa 18,4 miliardi di dollari e 12,1 miliardi di dollari. Mentre a dicembre 2020, le posizioni aperte in futures e opzioni bitcoin ammontavano a 7 e 5 miliardi di dollari.

BTC-ETF, un exchange-traded fund che tiene traccia dei prezzi dei bitcoin (BTCC, EBIT, BITO), ha iniziato ad apparire con la normativa approvata. Un’assemblea di azionisti di LG Electronics ha approvato l’introduzione della criptovaluta nella sua attività. Exxon Mobil sta lavorando in collaborazione con la start-up Crusoe Energy, estraendo bitcoin per il flare gas (combustione di gas)”.

A Trento il primo centro italiano di mining

Il tema della green energy rappresenta il futuro della Terra e dell’essere umano. L’Italia sta introducendo nuovi progetti eco-friendly che permettono di lanciare delle cripto a basso impatto ambientale. La sensibilizzazione al tema ha fatto in modo che alcune istituzioni pubbliche e private pongano l’accento su finanziamenti da destinare ad alternative verdi, atte a diminuire l’annoso problema dell’inquinamento. Arriveranno quindi nuovi protocolli per adattare le tecnologie al risparmio energetico, che rimettono in gioco le criptovalute e per continuare a fare investimenti convenienti e differenziati.

Già l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati ha richiesto un blocco parziale delle miniere di bitcoin nell’Unione Europea. E l’Italia, a Borgo d’Anaunia, in provincia di Trento, ha risposto con la nascita della prima mining farm alimentata con energie rinnovabili. Il Comune ha infatti deciso di adibire la sua centrale idroelettrica in un’attività di mining, con 20 computer appositi disposti per i difficili calcoli che servono per creare le cripto. Un’operazione da 131 mila euro che forse non porterà l’Italia ad essere il nuovo punto di riferimento per le estrazioni di monete digitali, ma sicuramente rappresenterà un significativo passo avanti verso un valido riposizionamento nazionale nel settore del mining.