La supremazia globale Usa, costruita sulle macerie del crollo Lehman, resta difficile da eguagliare. Ci vorrebbe un Draghi regista dell’Unione bancaria. Molti titoli sono comunque sottovalutati e appetibili
Tra la seconda metà degli anni 90 e la prima metà del decennio successivo il sistema bancario europeo fu investito da un’ondata di fusioni, sulla spinta della liberalizzazione dei mercati finanziari, della fine della Guerra Fredda che apriva grandi spazi di crescita a Est, e dalla costruzione della moneta unica. In quegli anni prendono forma gli attuali due campioni italiani, UniCredit e Intesa, la seconda cresciuta soprattutto per linee interne, la prima anche con acquisizioni all’estero. Risalgono a quegli anni altre grandi aggregazioni europee, come quelle che diedero vita a BNP Paribas in Francia e ABN Amro in Olanda. Diverse furono portate a termine poco prima della Grande Crisi Finanziaria, come UniCredit-Capitalia e MPS-Antonveneta, vale a dire al picco delle valutazioni.
LE RISPOSTE DIVERSE DI USA E EUROPA ALLA CRISI
Poi la bolla dei subprime e il crac Lehman sconquassarono tutto, con esiti profondamente diversi sulle due sponde dell’Atlantico. Gli americani risposero con estrema prontezza, combinando l’intervento pubblico con le forze del mercato. La Fed di Bernanke si mise a comprare in quantità praticamente illimitate i titoli tossici che avevano avvelenato il sistema creditizio, mentre il segretario al Tesoro Timothy Geithner prendeva per mano i big usciti meno malconci per aiutarli a comprare quelli più malandati, e nacquero così JP Morgan-Chase e BofA-Merrill Lynch, tra le altre. In Europa invece i governi andarono ciascuno per conto proprio salvando con i soldi pubblici le banche nazionali, mentre la BCE di Trichet pompava liquidità ma a tempo, fino a che Draghi non fece partire in sordina il suo Quantitative Easing, che avrebbe potuto ufficializzare solo a gennaio del 2015, dopo la crisi del debito…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.