L’INPS lancia un allarme per quasi 550.000 lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata. Nonostante la crescita esponenziale di questa categoria di professionisti, i redditi medi bassi e le carriere discontinue mettono a serio rischio l’adeguatezza del loro futuro assegno pensionistico, con tassi di sostituzione previsti molto al di sotto delle aspettative.
Cosa è successo
La platea degli iscritti alla Gestione Separata INPS ha raggiunto quasi 550.000 unità, includendo professionisti come designer, consulenti e sviluppatori. Il problema principale risiede nei redditi medi bassi, che si attestano intorno ai 18.000 euro annui.
Secondo le simulazioni, questo si traduce in un tasso di sostituzione (il rapporto tra la prima pensione e l’ultimo reddito) che potrebbe scendere fino al 40%. Una prospettiva che rende la previdenza complementare non più una scelta, ma una vera e propria necessità per integrare un assegno pubblico che si preannuncia insufficiente. In risposta, il governo ha promesso un “welfare inclusivo” e un accesso agli incentivi pubblici pari a quello delle PMI per sostenere questa categoria.
Perché è importante
La questione va oltre il singolo lavoratore e fotografa una trasformazione profonda del mercato del lavoro italiano. Senza interventi correttivi e un rafforzamento delle tutele (come malattia e maternità), l’Italia rischia di creare centinaia di migliaia di futuri pensionati poveri, con un grave impatto sulla coesione sociale e sulla spesa assistenziale.
La sfida è duplice: da un lato, gli autonomi devono pianificare attivamente il proprio futuro previdenziale; dall’altro, le istituzioni devono tradurre le promesse di un welfare più equo in azioni concrete per non lasciare indietro una fetta così significativa e dinamica della forza lavoro nazionale. La stabilità economica di domani dipende anche da questo.
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Foto: Shutterstock/ PeopleImages
