I numeri della ricerca Nomisma Wine Monitor presentati durante l’incontro promosso dal comitato Leonardo sul vino italiano presso Ca’ del Bosco a Erbusco
“Il settore enologico rappresenta una delle punte di diamante del Made in Italy, con oltre 30.000 imprese di trasformazione, 74mila occupati e un fatturato che supera i 16 miliardi di euro, di cui più di 8 miliardi derivano dall’export. Esempio d’eccellenza la tenuta Ca’ del Bosco, oggi tra le aziende leader nella produzione di Franciacorta. Posizione raggiunta grazie a passione, entusiasmo ricerca e lavoro che hanno trasformato una casa in un bosco di castagni, in una delle più moderne cantine. Come sottolinea la ricerca di Nomisma Wine Monitor, in un contesto segnato da cambiamenti climatici, globalizzazione ed evoluzione tecnologica, è fondamentale che l’eccellenza italiana continui a investire in ricerca e intelligenza artificiale applicata all’agricoltura. “Solo così potremo affrontare le sfide future e consolidare la leadership del nostro Paese, che già oggi vede l’Italia come primo esportatore mondiale di vino per volumi e secondo per valore, con esportazioni che nel 2024 hanno raggiunto 8,1 miliardi di euro”. Lo ha sottolineato Sergio Dompè, presidente del Comitato Leonardo, durante l’Incontro con il territorio promosso dal comitato proprio su “Il vino italiano tra eccellenza e sfide globali” presso Ca’ del Bosco a Erbusco, nel cuore della Franciacorta.
IL PUNTO SUL VINO ITALIANO
Un’ occasione per fare il punto su ruolo e valore nel contesto nazionale e internazionale, tendenze e prospettive del comparto vitivinicolo italiano. Nella relazione su “La competitività del vino italiano nello scenario di mercato: evoluzione e prospettive”, Denis Pantini – Responsabile Agroalimentare e Wine Monitor Nomisma, ha ricordato come il comparto conti circa 30.000 imprese di trasformazione (oltre 240.000 aziende nella fase primaria della filiera), con un fatturato di 16 miliardi di euro e un peso del 9% sul food & beverage nazionale. L’export, nel 2024, ha toccato 8,1 miliardi di euro, ovvero il 14% dell’export agroalimentare complessivo. “Il vino – ha ricordato Pantini – rappresenta dunque un asset strategico non solo economico, ma anche territoriale e sociale: oltre il 60% dei vigneti italiani si trova in aree collinari e montane, contribuendo alla tenuta delle aree interne e alla valorizzazione della biodiversità”. L’Italia resta il primo esportatore mondiale per volumi e il secondo per valore, dietro la Francia. Tuttavia, nel corso degli ultimi vent’anni, il nostro posizionamento sui mercati esteri è aumentato in maniera rilevante. “Se ad inizio millennio, l’Italia era leader nell’export di vino in appena 9 mercati, oggi lo siamo in 46, con una quota a valore che è passata dal 17% al 22%, contro un calo dei vini francesi che sono diminuiti dal 38% al 33% dell’export mondiale. La forza del vino Made in Italy è rilevante e sta portando alla conquista di nuovi mercati nel Sud-est asiatico, in America Latina e nell’Est Europa” ha sottolineato Pantini. Va segnalato come la struttura produttiva del vino italiano è estremamente frammentata: a fronte di 409 Dop e 118 Igp, le prime 100 imprese coprono solo il 46% del fatturato e il 58% dell’export, contro percentuali molto più alte in Francia e Australia. C’è inoltre una forte dipendenza dal Prosecco, che da solo rappresenta un quarto dell’export imbottigliato italiano, una concentrazione che espone il sistema ai rischi di saturazione dei mercati e di variazioni regolatorie o commerciali…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.