Le fusioni bancarie possono essere un’occasione di investimento. Ma attenzione anche al lusso, dove forse qualcosa si muove con Exor possibile protagonista
I titoli agostani dei giornali sono tutti per il risiko bancario, la cui febbre muove le azioni in Borsa, con le ipotesi che si intrecciano tra nascita del ‘terzo polo’ e UniCredit che potrebbe prendersi il Monte senese in un’operazione stile Intesa, che portò qualche anno fa l’istituto guidato da Carlo Messina a rilevare al prezzo simbolico di 1 euro le venete ‘terminate’, per evitare l’applicazione della nuova regola europea del ‘bail in’ che avrebbe scaricato i costi dei fallimenti su depositanti e risparmiatori. Anche nel caso del risiko odierno sono in ballo soldi pubblici, in parte rappresentati dalla ‘dote’ con cui il Tesoro dovrebbe accompagnare MPS alle nozze, e in parte costituiti da possibili incentivi fiscali alle fusioni, per incoraggiare gli istituti a una maggior efficienza costi-ricavi. Le fusioni hanno un evidente appeal per gli investitori, perché la regola generale nell’M&A è cercare di spuntare la valutazione più elevata possibile dell’asset da ‘sposare’, a tutto beneficio degli azionisti, così come per le investment bank coinvolte, il cui compenso è di norma calcolato in percentuale sul valore del deal.
RISCHIO DI VALUTAZIONI ECCESSIVE
Per il ‘terzo polo’, l’appeal cresce in misura proporzionale alla crescita dimensionale dei due campioni nazionali, Intesa che è già cresciuta molto prima con le venete e poi con UBI, e UniCredit che aumenterebbe parecchio il peso dell’Italia se si annettesse anche il Monte, tutto insieme o a pezzi. Più i due pesi massimi crescono, più aumenta l’esigenza economica e anche politica di un terzo attore che bilanci la situazione. Tutti i potenziali protagonisti dell’aggregazione che potrebbe dar vita al terzo polo continuano a ripetere che stanno benissimo anche da soli, ma il messaggio è: vogliamo giocare, ma da aggregatori e non da aggregati. Il rischio di tutti questi appetiti è che alla fine le valutazioni finiscano per essere eccessive e si rivelino poi poco sostenibili nel lungo termine, come raccontano diverse storie del passato pre-crisi finanziaria, da Antonveneta, a Popolare di Lodi, andando indietro fino a Bipop e alla fusione tra Capitalia e la stessa UniCredit. Ovviamente i tempi sono cambiati radicalmente, i requisiti di capitale sono diventati stringenti, e le Vigilanze vigilano, sia a livello italiano che europeo…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.