Cremonini, Buzzi, Campari. Le italiane restano in Russia

Mentre l'80% delle aziende statunitensi hanno interrotto le loro attività in Russia, l'Italia presenta una realtà e dei numeri decisamente diversi.

Cremonini, Buzzi, Campari. Le italiane restano in Russia
7' di lettura

Dallo scoppio del conflitto, i Paesi occidentali hanno implementato pacchetti sempre più stringenti di sanzioni alla Russia, chiedendo anche alle loro aziende di abbandonare il paese.

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Mentre imperversa la guerra in Ucraina, molte aziende di grandi dimensioni hanno quindi deciso di interrompere le relazioni con la Russia sospendendo la produzione o cedendo le loro partecipazioni in società russe con forti ripercussioni sui propri bilanci.

Non sono scelte senza conseguenze. Le esportazioni verso la Russia rappresentano infatti l’1,8% del totale, ossia lo O,4% del nostro PIL mentre le città più colpite risultano essere Milano, Bologna, Vicenza Torino, Treviso e Bresica, che da sole costituiscono quasi la metà delle esportazioni totale.

Oggi Milano Finanza riportava l’uscita dal paese da parte di Societé Generale (EPA:GLE), che diventa così la prima banca in europa ad interrompere le relazioni con la Russia.

Come si comportano le aziende italiane?

Mentre solo il 20% delle aziende USA è rimasta negli Stati Uniti, l’Italia con il 64% è terza nella lista dei paesi che hanno proseguito le loro relazioni commerciali con la Russia, appena dopo Cina e Francia e subito prima della Spagna.

Tra le grandi aziende, abbiamo raccolto in gruppi chi ha deciso di rimanere, chi ha ridotto la propria presenza e chi invece ha interrotto la produzione, fino ad abbandonare il paese. Una lista dei presenti in Russia è stata inizialmente realizzata, e viene quotidianamente aggiornata, dal gruppo di Yale diretto dall’economista Jeffrey Sonnenfeld.

Dieci grandi aziende restano

  • Buzzi Unicem (BIT:BZU) – l’azienda di costruzioni opera a est dei monti Urali, dove si trovano le cementerie di Suchoi Log e Korkino e dà lavoro a 1.387 persone;
  • Calzedonia – il marchio di moda è presente in Russia con 553 punti vendita. Il paese rappresenta il secondo mercato ester per Calzedonia in termini di fatturato;
  • Campari (BIT:CPR) – mentre Citi alza il rating a buy, la società di beverage vede una crescita organica delle vendite del +8,4%, con vendite piatte in russia, riporta Milano Finanza;
  • Cremonini Group – Inalca è la società di Parma leader nella produzione di carni bovine. Dal 2020 ha costantemente ampliato le sue attività internazionali in Russia;
  • De Cecco – il produttore di una delle paste più amate dagli italiani racconta a Il Sole24Ore perché i prezzi della pasta non subiranno rincari dopo la riduzione dell’offerta ucraina. Non parla però della decisione di rimanere in Russia anche dopo lo scoppio della guerra;
  • Delonghi (BIT:DLG) – secondo i dati di Milano Finanza, il flop del titolo in borsa è da attribuire al conflitto in corso, con Ucraina e Russia che nel 2021 hanno contribuito al 5,9% dei ricavi. Target price abbassato a 28 euro da Akros ed Equita;
  • Geox (BIT:GEO) – solo un mese fa il produttore di calzature apriva il suo ottantesimo negozio in Russia. L’azienda sembra avanzare in controtendenza rispetto ai molti marchi della moda che hanno già da tempo abbandonato il paese. I ricavi dell’azienda in Russia nel 2021 segnavano infatti +23%;
  • Intesa Sanpaolo (BIT:ISP) – la Banca milanese guidata da Carlo Messina è esposta per 5,1 miliardi di euro in Russia e Ucraina. In una nota ufficiale di tre giorni fa ha dichiarato di aver interrotto gli investimenti in Russia e Bielorussia;
  • Maire Tecnimont (BIT:MT) – il produttore di fertilizzanti ha da poco chiuso un bilancio 2021 riportando utili netti per 73,7 milioni di euro e staccando un dividendo da 60,1 milioni di euro. Secondo WSI: “Il gruppo è esposto per il 25% del suo fatturato alla Russia per via di una controllata operativa nel paese. Inoltre, il management ha precisato che il 17% dell’attuale portafoglio ordini (pari a circa 1,5 miliardi di euro) si riferisce alla Russia”;
  • Menarini Group – il gruppo farmaceutico fiorentino di proprietà della famiglia Aleotti è presente in 140 paesi nel mondo. Mentre i russi si accalcano per assicurarsi i medicianli, i prezzi sarebbero saliti del 20% nell’ultimo mese, riporta il quotidiano online India Today;

Chi ci sta ancora pensando

  • Barilla – il produttore di pasta per antonomasia possiede uno stabilimento produttivo a 70 chilometri da Mosca e prosegue la produzione di pasta “per il mercato locale”, come riportano diverse testate tra cui il quotidiano online di settore Just Food;
  • Unicredit – è di una settimana fa la comunicazione dell’AD di Unicredit Orcel ripresa da Finanza.com, dalla quale però non emerge nessun orientamento del colosso bancario.

Chi ha ridotto le operazioni

  • Enel (BIT:ENEL) – il colosso energetico si prepara ad uscire dalla Russia, ma ci vorranno ancora dei mesi, riportava Bloomberg a metà marzo;
    Essilor Luxottica (EPA:EL) – in una chiamata agli analisti l’AD Francesco Milleri dichiarava che gli export verso Russia e Ucraina rappresentano meno dell’1% dei ricavi. L’azienda ha comunicato di aver ridotto le operazioni in Russia in via provvisoria;
  • Ferrero – l’azienda dolciaria ha un ufficio a Mosca e una fabbrica poco lontano da Vladimir. A metà marzo ha annunciato di sospendere tutte le “attività non essenziali“;
  • Pirelli (BIT:PIRC) – il produttore di pneumatici controllato per il 37% dal colosso cinese ChemChina annunciava già a metà marzo la riduzione delle proprie attività. La Russia vale il 3 per cento dei ricavi totali e meno del 4 per cento dell’Ebit margin dell’azienda.

Imprese uscenti

  • Assicurazioni Generali (BIT:G) – già ad inizio marzo la società di assicurazioni rappresentata dal leone di Trieste aveva annunciato la sua uscita dal mercato russo, chiudendo il proprio ufficio di rappresentanza a Mosca e lasciando gli incarichi ricoperti nella compagnia assicurativa russa Ingosstrakh;
  • Eni (BIT:ENI) – la società ha annunciato che non avrebbe concluso nuovi accordi di acquisto di petrolio dalla Russia in data 9 marzo;
  • Ferrari (BIT:RACE) – lo stop alla produzione in Russia risale alla prima metà di marzo. La decisione non dovrebbe impattare i margini della società, che nel paese vende in media 60-70 auto l’anno;
  • Iveco – mentre i blindati Lince di produzione Iveco venivano colpiti dai militari ucraini, la società annunciava lo stop alle vendite e che si sarebbe discussa l’opportunità di ritirarsi dalla joint-venture con Amt;
  • Leonardo (BIT:LDO) – l’azienda multinazionale operante nei settori della difesa e aerospaziale impiega oltre 3.000 persone nello stabilimento vicino a Yeovil. Le relazioni di lunga data con le russe Rosneft e Rostec sono state congelate in occasione della guerra, e la Leonardo Elicotteri ha sospeso ogni attività nel paese;
  • Moncler (BIT:MONC) – il gruppo di moda di proprietà di Remo Ruffini ha sospeso le sue attività commerciali in Russia e non prevede grosse ripercussioni sugli utili, essendo esposta per meno del 2% nei due paesi belligeranti;
  • Prada (OTC:PRDSY) – Anche l’azienda di moda guidata da Miuccia Prada e Patrizio Bertelli ha chiuso i battenti dei suoi negozi presenti in Russia già all’inizio di marzo;
  • Salvatore Ferragamo (BIT:SFER) – il titolo del brand di moda è in ribasso del 2,64% da inizio anno, ma questo non sembra essere collegato alla decisione presa a inizio marzo di abbandonare il paese, visto che l’esposizione del brand a questo mercato è inferiore all’1%, come riporta Reuters;

Il settore lusso

Intanto, più in generale, tra lockdown a Shanghai e guerra in Ucraina, non si può certo dire che il 2022 sia un anno positivo per il settore russo. Mentre le influencer russe protestavano contro Chanel facendo a pezzi le loro borsette, le principali aziende sono tutte in rosso. Tra i titoli più importanti si segnalano: Moncler -4,7%, Tod’s -2,3%, Ferrari -1,6%, Brunello Cucinelli -1,7%, Salvatore Ferragamo -1,1%.

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Immagine di Interris.it