Sono bastate meno di quarantotto ore per vanificare il rendimento annuale di un investimento verosimilmente sicuro. Questo il risultato conseguente alle parole (questa volta non scritte) nel recente comunicato stampa diffuso lo scorso giovedì in sede Bce. A distanza di pochi giorni dal nostro palesato timore riconducibile alle potenziali conseguenze del “non detto” da parte della Presidente Christine Lagarde, oggi, la resa dei conti è tempestivamente giunta. Osservando l’andamento del titolo decennale tedesco (rif. Bund future) ed il trascorrere delle ore successive all’annuncio dell’ennesimo aumento dei tassi di interesse si può – oggettivamente – riscontrare una significativa debacle in termini di quotazioni. Infatti, con riferimento agli scambi di questa mattina, l’ammontare della flessione si è ulteriormente ampliata oltrepassando i due punti percentuali ed arrestandosi a quota -2,37% ovvero pari al rendimento annuale dello stesso sottostante tedesco a dieci anni.
Ovviamente, chi avesse optato per l’acquisto di tale tipologia di strumento finanziario, non si sentirà scosso da questa valorizzazione di mercato ma, di fatto, l’aver vanificato (in pochissime ore) il proprio acquisto non è stato sicuramente un buon affare e, purtroppo, potrebbe non esserlo anche in ottica futura.
Pesano le parole non dette da Christine Lagarde
A penalizzare l’intero comparto dei titoli di Stato (compreso i nostri Btp) – questa volta – non hanno impattato le precedenti «parole non dette», ma, bensì, le parole non scritte: le risultanze sono davanti agli occhi di tutti.
Comparando, infatti, la prima parte del comunicato stampa della Bce dello scorso 2 febbraio con quello di metà dicembre emerge come il più attuale testo redatto sia il medesimo del precedente fatta eccezione per l’ordine delle frasi impiegate ed il relativo aggiornamento in funzione della prossima riunione: «Alla luce delle spinte inflazionistiche di fondo, esso intende innalzare i tassi di interesse di altri 50 punti base nella prossima riunione di politica monetaria a marzo, per poi valutare la successiva evoluzione della sua politica monetaria».
Probabilmente, gli operatori si aspettavano qualcosa di più e, in assenza di questo mancato riscontro, nelle successive ore hanno – ovviamente – capitolato in negativo confermando il celebre e mai dimenticato dogma: il mercato ha sempre ragione.
Anche in questo caso, come ormai troppo spesso accade, a farne le spese sono gli incolumi investitori che, fiduciosi, dovranno attendere ben oltre le loro iniziali aspettative.