Duncan Lamont (Schroders) rivela che i top performer dell’azionario Usa tendono a non mantenere il primato negli anni successivi, come mostrano le serie storiche dei dati
In ben 12 degli ultimi 18 anni, non c’è stato un singolo titolo dei top 10 USA capace di restare in classifica anche l’anno dopo, e in 5 degli altri 6 anni, solo uno ci è riuscito, mentre nell’altro solo tre titoli ce l’hanno fatta a malapena. Anche la permanenza nella top 100 è rara: in media 15 società l’anno sono riuscite a rientrare nella top 100 per due anni consecutivi, e le probabilità di replicare due o tre anni dopo sono altrettanto basse. Non solo scendono dall’Olimpo, i migliori spesso smettono di registrare buoni risultati. In 14 dei 18 anni i primi 10 top performer sono finiti nella metà inferiore delle classifiche l’anno dopo, con più probabilità tra i titoli peggiori che tra i migliori, sperimentando tipicamente cali molto bruschi.
UNA TENDENZA CHE SI RILEVA ANCHE IN GIAPPONE E UK
Lo evidenzia in un commento che analizza come i top performer dell’azionario Usa tendano a non mantenere il primato, mostrando i rischi di investire seguendo il clamore, Duncan Lamont, Head of Strategic Research di Schroders, che raccomanda: “Don’t believe the hype”. Tendenze analoghe si registrano anche in altri mercati, come Giappone e Regno Unito, dove in 11 anni su 18 un titolo che rientrava mediamente tra i top 10 è sceso nella metà inferiore l’anno successivo. In Germania, è avvenuto in 14 degli ultimi 18 anni. Lamont osserva che gli “hype” sono eccitanti per definizione, ma aggiunge che quando si investe bisogna essere cauti nell’inseguire le performance, perché forti guadagni tendono a gonfiare le valutazioni rispetto ai fondamentali, come gli utili…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.