Incertezza e volatilità persisteranno, rafforzando la necessità di bilanciare e diversificare i portafogli. E questo a prescindere da dazi e dinamiche commerciali, e dalla politica della nuova amministrazione Usa
Il declino del dollaro Usa dall’inizio dell’anno è uno dei temi centrali nel dibatto sul calo o meno del predominio economico americano. A maggior ragione dopo che l’indice S&P 500 ha praticamente recuperato le perdite accumulate dal 2 aprile, giorno dell’annuncio dei dazi Usa nel cosiddetto “Liberation Day. Inoltre, mentre l’obbligazionario high yield ha recuperato più della metà dell’ampliamento degli spread accumulato in questo periodo, i rendimenti dei Treasury americani sono diminuiti dai loro massimi e gli indici di volatilità implicita sono rientrati su livelli più normali.
I FLUSSI DEGLI INVESTITORI ESTERI
Sono tante le ipotesi formulate per spiegare la debolezza del dollaro. Tuttavia, secondo Jeff Blazek ed Erik Knutzen, entrambi Co-Chief Investment Officer e Multi-Asset Strategies di Neuberger Berman, la crisi del biglietto verde è un sintomo derivante dai flussi degli investitori esteri. Flussi riconducibili alle prospettive di una crescita più debole negli Stati Uniti e compatibili con il recupero dei mercati americani. “I prezzi degli asset rischiosi statunitensi possono aumentare quando gli investitori in dollari tornano ad investire in azioni e si allontanano dai Treasury. Se gli investitori non in dollari restano esposti al rischio fuori dai mercati americani, non ci sono nuovi flussi in entrata verso gli asset in dollari. Una dinamica che fa salire le azioni statunitensi lasciando debole la domanda di dollari” riferiscono i due manager…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.