Chiamare a Washington l’imprenditore visionario sembra il tentativo, forse solo agli inizi, di coinvolgere nella transizione i protagonisti dell’eccezionalismo USA, dai Big Tech alla finanza
La principale novità del secondo mandato di Trump non sono stati i dazi e i tagli alle tasse, che erano il piatto forte anche del primo, ma il tentativo di cooptare direttamente nell’amministrazione Elon Musk. Genio e sregolatezza per efficientare la costosissima macchina del governo federale, affidando il DOGE all’imprenditore più valutato del mondo, è stato forse un gettare il cuore oltre l’ostacolo, ma anche una mossa coerente con i tempi di transizione che stanno attraversando gli USA e il resto del pianeta. Per ora tra Trump e Musk non è un divorzio ma solo una separazione mirata a mettere meglio a punto una collaborazione senza precedenti.
I DUE PILASTRI DELL’ECCEZIONALISMO AMERICANO
L’eccezionalismo americano degli ultimi 15 anni si basa su due pilastri: un vantaggio stellare nell’innovazione e nella tecnologia, simbolizzato dai Magnifici 7, e un mercato dei capitali che fa girare gli investimenti in USA e nel resto del mondo, a dispetto di quanti ne proclamano il declino. Chiamare Musk a Washington è stato il tentativo di mettere il primo al servizio della rimessa in carreggiata dei conti federali, appesantiti da una traiettoria pericolosa del debito che si cifra in un premio troppo elevato che il Tesoro paga per finanziarlo…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.