La reazione a caldo è stata in linea con le crisi precedenti, limitata a petrolio, energetici e difesa. La corsa a proteggersi ha sostenuto il dollaro ma non i Treasury, che guardano alla Fed
A poco meno di tre anni e mezzo dall’attacco russo all’Ucraina e a 18 mesi dall’inizio della crisi di Gaza i mercati globali sono di nuovo alle prese con uno shock bellico dopo il raid di Israele contro le facility nucleari iraniane e la risposta, finora sostanzialmente respinta, del regime degli Ayatollah. La reazione immediata è stata in linea con quelle di rito in queste circostanze: l’azionario ha subito una sbandata contenuta, il prezzo del petrolio è balzato in alto come i titoli energetici insieme a quelli della difesa, quelli del trasporto aereo hanno ceduto, mentre oro e dollaro hanno beneficiato della tradizionale fuga verso la qualità, con la notevole eccezione dei Treasury USA, i cui rendimenti sono saliti per il timore che la Fed tenga i tassi alti a fronte di una nuova fiammata inflazionistica causata proprio dalla nuova crisi.
WALL STREET E EUROPA IN TENUTA VICINO AI MASSIMI
Finora, una reazione a caldo e tutta da confermare nei prossimi giorni e settimane, ma in linea con quelle andate in scena dopo l’aggressione di Putin a febbraio del 2022, cifrata in una tenuta in vista dei massimi di Wall Street e dell’azionario europeo, sostenuti da fondamentali societari ed economici che restano solidi, con l’S&P 500, allora in area 4.500 punti, che alla chiusura di venerdì si teneva in contatto con quota 6.000. La reazione del mercato dei tassi USA, che dopo l’incursione israeliana prezzava oltre il 30% tassi ancora fermi da parte della Fed a settembre contro meno del 24% il giorno prima, indica anche che per ora gli investitori non si aspettano un’uscita rapida dallo scenario bellico…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.