Da una piccola pasticceria ad Alba a un impero dolciario globale: la storia della Ferrero è quella di una famiglia che ha scelto di crescere senza cedere. Mentre molte eccellenze italiane passano in mani straniere, Ferrero ribalta la narrazione, diventando predatrice anziché preda. Con un fatturato da oltre 18 miliardi di euro e brand amati da generazioni, l’azienda piemontese continua a espandersi… senza mai quotarsi in Borsa.
Cosa è successo
Ferrero si conferma una delle poche grandi imprese italiane rimaste saldamente in mano familiare, nonostante le pressioni del mercato globale. Il gruppo dolciario ha infatti costruito negli anni una strategia di acquisizioni mirate, espandendo il proprio portafoglio con marchi storici internazionali, mantenendo al contempo il controllo privato.
Secondo indiscrezioni riportate dal “Wall Street Journal”, la prossima mossa potrebbe essere l’acquisto della multinazionale Kellogg per 3 miliardi di dollari, un’operazione che, se confermata, segnerebbe un nuovo capitolo nella scalata globale del gruppo.
Con prodotti iconici come Nutella, Kinder Sorpresa, Tic Tac ed Estathé, Ferrero è oggi presente in oltre 170 paesi e continua a restare fedele alla propria filosofia di capitalismo familiare: indipendente, resiliente, con uno sguardo lungo.
Il segreto? Un’impostazione che rifugge dalle logiche speculative del breve termine, tipiche delle società quotate, in favore di un modello sostenibile e orientato ai valori originari: qualità, semplicità e legame con il territorio.
Perché è importante
Ferrero rappresenta una delle rare eccezioni nel panorama industriale italiano, dove spesso le storie d’impresa terminano con la cessione al capitale estero. Al contrario, sotto la guida solitaria di Giovanni Ferrero, l’azienda ha moltiplicato le proprie dimensioni e ambizioni.
Dopo la morte improvvisa del fratello Pietro nel 2011, Giovanni ha saputo trasformare il lutto in slancio imprenditoriale, guidando acquisizioni strategiche come quella di Oltan (nocciole), Fannie May (cioccolatini USA) e soprattutto la divisione dolciaria di Nestlé USA per 2,8 miliardi di dollari.
Con questa ultima operazione, Ferrero ha ottenuto marchi storici come Butterfinger, Crunch, BabyRuth e Nerds, consolidando la sua posizione tra i primi tre produttori dolciari mondiali. E mentre molte aziende italiane perdono il controllo, Ferrero continua ad affermare un’identità industriale forte e autonoma.
Il gruppo resta privato, nonostante le dimensioni da multinazionale: una scelta rara, che permette alla famiglia di gestire con coerenza valori, visione e strategie. Una storia che dimostra come il Made in Italy possa essere protagonista, e non solo spettatore, della globalizzazione.
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Foto: Shutterstock