In un portafoglio multi-asset, le simulazioni di Candriam mostrano che l’oro è interessante in termini di diversificazione, in quanto presenta una scarsa correlazione con l’andamento di azioni e obbligazioni
Il prezzo dell’oro tende ad essere inversamente correlato alle variazioni dei tassi di interesse reali statunitensi: una relazione che ha sempre funzionato dal 2006. L’oro, infatti, è un asset reale che non genera rendimento e non è conveniente per gli investitori a mano a mano che i tassi reali positivi aumentano. Inoltre, se il dollaro Usa si rafforza le materie prime (compreso l’oro), denominate nella valuta statunitense risultano più costose per gli investitori non americani (la maggior parte dei quali sono investitori in oro). Infine, il metallo giallo è spesso percepito come un bene rifugio ed acquistato soprattutto nelle fasi di stress di mercato.
UNA SPINTA DALLA DOMANDA DELLE BANCHE CENTRALI
“Quest’anno, nonostante la volatilità delle azioni statunitensi sia tornata ai minimi (in base all’indice VIX che misura l’aspettativa di volatilità del mercato azionario Usa) e gli spread creditizi si siano ridotti notevolmente, il prezzo dell’oro è aumentato di oltre il 17% da gennaio: in un periodo in cui peraltro i tassi di interesse reali stavano aumentando, il dollaro Usa si stava rafforzando e gli asset rischiosi continuavano a salire”, sottolinea Nadège Dufossé, Global Head of Multi-Asset di Candriam, che poi spiega le performance eccezionali dell’oro: la domanda da parte delle banche centrali…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.