Schroders analizza la pratica dello short selling anche dal punto di vista etico per giungere alla conclusione che la vendita allo scoperto ha una reputazione ingiustamente negativa
I media globali sono stati recentemente affascinati dalla battaglia tra trader privati e fondi hedge sul caso GameStop, accendendo i riflettori su una pratica da molti ritenuta controversa, vale a dire lo “short selling”, in italiano vendite allo scoperto. Le reazioni così negative attirate da questa pratica riflettono una reputazione ingiustamente negativa. Piuttosto che evitare lo short selling, gli investitori infatti, soprattutto quelli che hanno una mentalità più etica, dovrebbero assicurarsi di capire i suoi potenziali usi in una strategia e come chi la pratica intenda comportarsi. Può apportare benefici significativi, sia alla performance degli investimenti che agli standard di governance aziendale. Alcuni venditori allo scoperto sono immorali, ma la vendita allo scoperto in sé non lo è.
COME FUNZIONA LO SHORT
Lo sostiene Duncan Lamont, CFA, Head of Research and Analytics di Schroders, in un commento titolato “Il caso GameStop e l’etica dello short selling”, in cui spiega che in pratica vendere allo scoperto significa prendere un titolo a prestito da un altro investitore e venderlo, nella speranza che il suo prezzo scenda, in modo da riacquistarlo a un prezzo inferiore. Il profitto o la perdita, che con lo short selling è comunque un rischio, consiste nella differenza tra il prezzo di vendita, più alto se l’operazione è coronata da successo, e quello del successivo acquisto. A questo punto il titolo torna al suo possessore iniziale, che riceve una fee per il disturbo…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.