Free to play, microtransazioni e “game as a service”: i publisher producono meno giochi ma aumentano i guadagni sempre più con i servizi “extra”
Le prime avvisaglie le avevamo avute nel 2016, quando Electronic Arts annunciò che “il business dei contenuti extra si aggira attorno a 1,3 miliardi di dollari all’anno, la metà dei quali provenienti da Ultimate Team”. La celebre modalità di gioco della serie di videogiochi FIFA, che vuole gli appassionati acquistare pacchetti di figurine digitali e schierarle in campo, negli è passata dall’essere un piacevole orpello al recitare la parte del leone. Tant’è che sono anni che i creator generano traffico (e quindi views) su Twitch e YouTube anche solo “sbustando” in diretta i pacchetti acquistati.
DA MICRO A MACRO
A ben guardare il trend appariva già chiaro quando Take-Two, che possiede Rockstar Games (Grand Theft Auto, GTA Online e Red Dead Redemption) e 2K Games (la serie NBA2K, l’equivalente cestistico di FIFA), annunciò che nel primo trimestre dell’anno fiscale 2019-2020 il 58% dei guadagni derivava da DLC e microtransazioni. Coi primi che stanno a indicare i contenuti scaricabili digitalmente e le seconde quei beni virtuali acquistabili tramite micro pagamenti che danno accesso a funzionalità e contenuti extra…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.