L’infrastruttura regionale rimane una delle principali vulnerabilità ma il rischio più grave è lo Stretto di Hormuz, attraverso il quale transita ogni giorno circa il 20% del petrolio mondiale e una quota significativa di GNL
Un’impennata di oltre il 6% nei primi scambi, uno dei maggiori movimenti percentuali in un solo giorno dall’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina. E’ il rally registrato dal prezzo del petrolio Brent subito dopo l’attacco di Israele all’Iran. A preoccupare gli investitori internazionali sono le possibili interruzioni del corridoio energetico più importante al mondo. Ne hanno risentito anche i mercati del gas naturale. “Negli ultimi anni l’Europa ha diversificato le fonti di approvvigionamento ma rimane molto sensibile a qualsiasi minaccia ai flussi dei principali produttori del Golfo o all’aumento dei rischi per la navigazione attraverso lo Stretto di Hormuz” spiega il Commodity team di Neuberger Berman.
QUALI FORNITURE DI PETROLIO SONO A RISCHIO
Mentre l’oro ha svolto il suo ruolo di bene rifugio, con un rialzo di oltre il 2% overnight, ci si interroga sulle possibili evoluzioni del conflitto e su quali forniture siano a rischio. “L’Iran esporta in media intorno a 1,5 milioni di barili al giorno, soprattutto verso l’Asia (con la Cina come principale acquirente). Le esportazioni partono principalmente dall’isola di Kharg, un sito altamente vulnerabile agli attacchi aerei e missilistici. Se fosse colpito da Israele, una parte significativa delle esportazioni iraniane potrebbe essere interrotta, almeno temporaneamente, eliminando un’importante fonte di approvvigionamento che ha contribuito a stabilizzare il mercato negli ultimi mesi” riferiscono gli esperti del team…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.