Dopo otto tagli consecutivi, la Banca Centrale Europea (BCE) si prepara a fermarsi. Giovedì Francoforte dovrebbe mantenere invariata la propria politica monetaria, lasciando il tasso sui depositi al 2,0%. Una pausa che arriva in un momento delicato, tra segnali di inflazione in rallentamento e il timore crescente di dazi statunitensi più pesanti, che potrebbero complicare le prospettive per la crescita e la stabilità dei prezzi nell’eurozona.
Cosa è successo
Il Consiglio direttivo della BCE si appresta a confermare una pausa nel ciclo di allentamento monetario che ha portato i tassi in territorio neutrale, al 2,0%. Dopo 200 punti base di tagli in poco più di un anno, la banca centrale intende valutare gli effetti delle sue decisioni precedenti prima di intraprendere nuovi passi.
Secondo David Zahn di Franklin Templeton, l’attuale livello dei tassi appare adeguato, ma i mercati saranno più interessati a ciò che dirà Christine Lagarde che a ciò che farà la BCE. Il contesto internazionale — in particolare le tensioni commerciali con gli Stati Uniti — impone cautela e lascia spazio solo a una debole possibilità di nuovi interventi a settembre.
Durante la consueta conferenza stampa post-meeting, la presidente Lagarde potrebbe evitare previsioni precise, preferendo sottolineare l’importanza di un approccio prudente e flessibile, in linea con una BCE sempre più orientata a leggere i rischi futuri piuttosto che reagire solo ai dati passati.
Diverse anche le voci all’interno della stessa BCE: Fabio Panetta suggerisce che un rallentamento ulteriore della crescita potrebbe giustificare nuovi tagli. Al contrario, Isabel Schnabel ritiene che i tassi siano ben posizionati e che un ulteriore intervento sia molto difficile da giustificare.
Perché è importante
La pausa nei tagli non significa una svolta definitiva, ma apre una fase di osservazione attenta del contesto globale. Le dichiarazioni di Lagarde saranno cruciali per i mercati, che cercano segnali sulla direzione della politica monetaria nei prossimi mesi, più che decisioni immediate.
Un tema che preoccupa è la forza dell’euro, che ha raggiunto i 1,18 dollari prima di rallentare. Un apprezzamento troppo rapido potrebbe frenare le esportazioni e ostacolare il ritorno dell’inflazione verso il target. Il vicepresidente Luis de Guindos ha segnalato che una soglia critica potrebbe essere 1,20 dollari — oltre quel punto, la BCE potrebbe sentirsi costretta a intervenire.
Infine, il ritorno dell’inflazione vicino al target del 2% sposta il baricentro del dibattito: da una BCE che reagisce ai dati a una BCE che prevede e gestisce i rischi futuri. Una trasformazione silenziosa ma significativa, che riflette un nuovo equilibrio tra prudenza e flessibilità.
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