Capital Group, in un commento di Jens Søndergaard, analizza le varie possibilità di un indebolimento duraturo del biglietto verde sottolineando la mancanza di vere alternative
Il dollaro mostra segni di stabilizzazione, pur continuando a perdere terreno rispetto alla maggior parte delle valute dei Mercati Sviluppati ed Emergenti. La narrativa resta poco chiara, ma si possono analizzare alcuni fattori chiave per capire se siamo davvero di fronte a una fase di debolezza prolungata. Jens Søndergaard, Analista valutario di Capital Group, osserva che i cicli della moneta USA sono generalmente molto lenti, con l’ultimo è durato 10-15 anni, e ritiene che per assistere a una fase di indebolimento strutturale e duraturo sarebbe necessario un marcato rallentamento della crescita USA o un significativo recupero della crescita tendenziale nel resto del mondo.
IL RITORNO DI TRUMP NON E’ STATO DI SUPPORTO
I tassi di crescita europei sono stati ridotti per una stagnazione secolare, ma il recente stimolo in Germania, unitamente al piano UE di spesa per la difesa, dovrebbe gettare le basi per una accelerazione nei prossimi anni. Ma non è chiaro se la maggior spesa della Germania innescherà una crescita strutturale più ampia in Europa, e in ogni caso, potrebbero volerci anni, secondo Søndergaard. Inoltre, negli ultimi 10 anni la domanda globale di azioni USA ha sostenuto il dollaro, attirando capitali dalle altre grandi aree come Europa e Giappone e gli investitori passivi come i fondi sovrani, ridotto i flussi verso i Mercati Emergenti. Con il ritorno di Trump, si ipotizzava che misure come dazi e tagli fiscali potessero sostenere il dollaro, ma la guerra commerciale e il repricing dei titoli tech lo hanno invece indebolito…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.