È l’indicazione di Edmond de Rothschild in un commento di Michaël Nizard e Nabil Milali, che inquadrano l’escalation nello scenario di rischi d’inflazione e dazi. Il fattore dollaro debole
Dopo l’escalation del conflitto Israele-Iran, per mercati e investitori si delineao due scenari. Il primo è una risposta iraniana su larga scala che porterebbe a guerra aperta e un inevitabile intervento USA con il rischio di una conflagrazione regionale. La principale conseguenza sarebbe l’interruzione dei flussi di petrolio, con la potenziale chiusura dello Stretto di Hormuz e un’impennata incontrollata dei prezzi, che porterebbe a una forte correzione degli asset a rischio, per il pericolo di recessione globale. Il secondo, auspicato da un commento di Michaël Nizard, Head of Multi-Asset and Overlay, e Nabil Milali, Multi-Asset & Overlay Portfolio Manager di Edmond de Rothschild AM, è una risposta più misurata parte di Teheran, simile quelle delle precedenti fasi di tensione tra i due paesi.
MOTIVI PER SPERARE CHE L’ESCALATION NON SI ESTENDA
I due esperti di Edmond de Rothschild elencano diversi motivi a supporto del secondo caso: gli USA erano informati dell’attacco ma dicono di non averlo appoggiato, Trump vuole ancora riprendere i colloqui con Teheran, che per parte sua è in una posizione particolarmente delicata, con l’economia soffocata dalle sanzioni e il malcontento che continua a crescere, mentre anche le sue capacità militari sembrano indebolite. Infine, le reazioni misurate delle altre potenze regionali suggeriscono che il caso non viene percepito come un cambiamento del paradigma e fanno sperare che le tensioni non si estendano all’intero Medio Oriente…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.