Il nuovo ordine bipolare non è una riedizione della guerra fredda ma un nuovo capitolo della globalizzazione accelerata dalla pandemia che offre molte occasioni ma moltiplica anche i rischi
Come riusciranno gli americani a vincere la “seconda guerra fredda”, quella con la Cina? Se lo è chiesto qualche giorno fa sul New York Times il premio Pulitzer Bret L. Stephens, con un passato al WSJ e al Jerusalem Post, per rispondersi che bisogna fare come con i sovietici, sfruttare le debolezze dell’avversario. Nel caso dell’Impero del Male la debolezza si chiamava Comunismo, l’attuale superpotenza asiatica invece di debolezze da sfruttare, secondo Stephens, ne ha ben tre: nazionalismo, culto della personalità e repressione feroce delle libertà spirituali e religiose. Da quando Trump ha dichiarato la “guerra dei dazi” ormai quattro anni fa, aprendo un confronto a tutto campo dal commercio alla tecnologia che il suo successore Biden sembra intenzionato a portare avanti, si parla molto di nuova guerra fredda. Ma il raffronto con i 30 anni di contrapposizione tra potenze occidentali e orso sovietico, divisi dalla “cortina di ferro” in Europa, che avevano trasformato il resto del mondo in un grande campo di battaglia tra le due superpotenze, presenta più differenze che somiglianze. Soprattutto se guardato dal punto di vista dell’investitore, che durante la guerra fredda storica si è dovuto affidare soprattutto al reddito fisso, mentre dopo il collasso dell’URSS ha trovato le maggiori soddisfazioni nell’investimento azionario.
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Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.