Negli ultimi anni, soprattutto sui vari forum e tra shortisti incalliti, è diventato sempre più popolare questo indice, che però non è così facile da interpretare come si crede
A inizio agosto, scatenato da un fenomeno legato al carry trade sullo yen giapponese, c’è stato come noto il lunedì nero per i mercati di tutto il mondo, subito accompagnato dai soliti esagerati e irresponsabili titoloni su molti giornali che sono corsi a fare previsioni super catastrofiste, salvo poi essere clamorosamente smentiti, ancora una volta, dai listini azionari, a partire da Wall Street, che nel mese hanno recuperato tutto riportandosi su valori vicini ai record storici. In quella occasione il Vix, l’indice della volatilità che – si dice – misura il livello di paura dei mercati, è ovviamente schizzato verso l’alto, facendo scattare l’allarme in chi lo monitora costantemente. Però poi, così come era salito molto e velocemente, è ridisceso.
NO, IL VIX NON MISURA “LA PAURA”
A metà agosto il mercato americano aveva già recuperato. Sui grafici è rimasto questo movimento estremo del Vix, che come sempre ha fatto molto discutere sui forum e tra i trader fai-da-te, spesso shortisti incalliti. Per chi è sempre alla ricerca del “big short”, un po’ come i surfisti sognano la grande onda, il Vix è un riferimento primario. Ma, forse, non sempre viene ben compreso e interpretato e questo può creare pericolosi misunderstanding soprattutto nei trader non professionisti. Partiamo già dalla definizione di “indice della paura”, definizione più mediatica (fa effetto e fa audience dire indice della paura) che tecnicamente vera. Ebbene, diciamolo una volta per tutte: il Vix non misura la “paura sui mercati”, d’altronde come si potrebbe misurare un qualcosa di squisitamente psicologico con un indicatore che parte da quotazioni? Già così è evidente che dire “indice della paura” è una semplificazione, per non dire banalizzazione, a uso mediatico appunto…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.