Escludere il Canale di Suez dalla tratte commerciali comporta un allungamento dei tempi e un calo dell’offerta. “Se il trend sarà confermato – spiega James Carrick, Global economist di LGIM – il traffico da Suez dovrebbe diminuire del 33% e quello nei porti europei del 16%”
La crisi del Mar Rosso per ora non ha inciso sull’approvvigionamento di merci e materie prime, petrolio in primis, che non hanno risentito di un aumento di prezzo. A detta della maggior parte degli analisti, se la situazione in atto non si allungherà nel tempo, le conseguenze per i mercati saranno limitate. È convinzione diffusa, infatti, che nonostante tutto, le merci riusciranno comunque ad arrivare a destinazione e che i ritardi saranno compensati dalle scorte di magazzino abbondanti o, al massimo, da una ripercussione sul prezzo di vendita. Non la pensano così gli economisti di LGIM.
SOTTOVALUTATE LE CONSEGUENZE NEFASTE
Nella sua analisi James Carrick, Global economist di LGIM, spiega che c’è una sottovalutazione delle “conseguenze nefaste” per gli scambi commerciali tra Europa e Asia che la guerra agli Houthi potrebbe generare. Circumnavigare il continente africano per non passare dal Canale di Suez, infatti, “fa aumentare vertiginosamente i costi di spedizione e le tempistiche”, sottolinea Carrick.
“Ciò che ci dovrebbe spingere a mantenere la guardia alta è che, a differenza di quello che potrebbe venire spontaneo pensare, siamo di fronte a uno shock di offerta, non di prezzo, la quale può generare reazioni a catena inaspettate”, spiega…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.