I mercati guardano alla Fed e alle trimestrali dei big tech in arrivo in cerca di rassicurazioni. Il repricing dopo gli eccessi post pandemia di alcuni segmenti è n corso e durerà. Cosa dice l’offerta di Microsoft su Activision
Le due forze che dalla parte finale del 2021 si contrappongono a Wall Street, e di conseguenza sull’intero universo azionario globale, nell’ultimo paio di settimane hanno visto prevalere il partito di chi preferisce portare a casa il profit dopo due anni di corsa al rialzo rispetto a chi ritiene che i prezzi siano scesi abbastanza da comprare sui presunti minimi. Anche la settimana scorsa i tentativi di S&P 500 e soprattutto del Nasdaq di rimbalzare sono stati implacabilmente venduti, facendo finire il secondo in territorio di ‘correzione’ vale a dire a una distanza superiore al 10% dai massimi recenti, che in questo caso sono anche massimi storici. A Wall Street comanda l’Orso? Forse è un po’ esagerato, se si pensa che chi ha in portafoglio da 2-3 anni titoli come Netflix, che hanno accusato in pochi giorni una perdita del 20%, può ancora contare su un margine di guadagno di 2-3 volte il prezzo di carico. Più che di Orso al comando forse è più corretto affermare che l’emozione ha preso la guida delle operazioni, alimentata da non poche preoccupazioni: inflazione, svolta aggressiva della Fed, delusioni in arrivo dalle trimestrali, rischi geopolitici dalla Russia alla Cina.
LA FED PREOCCUPA SUL FRONTE LIQUIDITÀ
Il tutto rende difficili se non impossibili previsioni a breve termine. Cominciamo dall’inflazione e dalla Fed, il cui FOMC si riunisce martedì 25 e mercoledì 26 per la prima volta nel 2022. Un mercato che sembra aver smussato i timori su tassi e prezzi in aumento è quello dei Treasury, che proprio mentre gli investitori vendevano i tentativi di rimbalzo del Nasdaq ha visto il rendimento del decennale tornare sotto l’1,8%, forse perché ritenuto accettabile per parcheggiare i soldi delle prese di beneficio sulle azioni di Wall Street. Ora il mercato vuol ascoltare qualche parola rassicurante dalla Fed, non tanto sul numero di rialzi dei tassi nella pipeline per il 2022, tanto alla fine un quartino alla volta al massimo i Fed Fund arrivano all’1-1,25% per fine anno, ma sul drenaggio di liquidità che potrebbe seguire la fine del tapering, andandosi a sommare con l’esaurimento di diversi stimoli fiscali, prosciugando le risorse di consumatori e investitori…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.