Dai dazi di Trump, agli equilibri politici e diplomatici in Europa e non solo: il mondo sembra in continua tensione, ma ci sono spiragli per essere positivi
Da uno a trentanove c’è un bel pezzo da percorrere.
C’è così tanto spazio, che dentro ci ballano ben trentasette numeri, non proprio pochissimi. Eppure, a prendere come riferimento solo il primo e il trentanovesimo elemento dell’elenco, sembra che tutte le altre cifre in mezzo si siano nascoste. Ma dove si sono cacciate? È possibile che passino inosservate proprio sotto i nostri occhi? Forse bisogna cercarle meglio, o quantomeno bisogna sapere dove cercarle.
Quest’ultima frase vale per molte più cose di quante non si creda. Sul serio: vale per le calze, disperse nel cassetto; vale per quello scontrino per fare il reso, che avevamo messo proprio in tasca e ora chissà dov’è; vale per la penna, risucchiata nello zaino; ma vale anche per tutti quei motivi che ci aiutano a essere positivi, anche se tutto attorno a noi sembra suggerire il contrario.
Quando ritroviamo calze, scontrini o penne, siamo felici nell’istante; ma quando invece riusciamo a focalizzarci su degli aspetti che ci permettono di rileggere una situazione sotto un’altra luce, forse, tutto il resto ci sembra prendere una piega differente.
Certo, detto così non basta, e non è facile partire poi subito in quarta con il Sunday View in cui parliamo di dazi e improperi verso l’Europa, ma se ci leggete da un po’ ormai sapete che ci piace chiamare in causa qualcuno che può aiutarci – per l’appunto – proprio a trovare una prospettiva differente delle cose.
Anche perché ci vuole pure un po’ di cara e rassicurante atmosfera domenicale in queste settimane così intense, no? E allora via con il nostro Sunday!
LA QUESTIONE AMERICANA
Certi amori non finiscono mai, si direbbe: fanno dei giri immensi e poi ritornano. Per esempio la grande liaison che c’è tra Trump e i suoi dazi; anzi, tra Trump e la sua America, direbbero i sostenitori del tycoon. In che senso? Nel senso che in questa nuova deluxe edition delle imposte sulle importazioni, parliamo di un bel 25% sulle auto – e sui loro componenti – che non siano prodotte, o anche solo assemblate, su suolo a stelle e strisce. Trump non vuole tanto colpire quelle aziende che hanno spostato la loro produzione fuori dagli Usa – o meglio, non solo –, ma mira a qualcosa di più grande: riportare il grosso della produzione automotive nel suo Paese. Per dirla in un altro modo, “Make America Great Again”…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.