Nonostante il “greenhushing”, in cui le aziende rimangono impegnate nell’azione per il clima ma sono meno esplicite riguardo ai propri sforzi, un approccio proattivo può trarre vantaggio dalla prossima fase della transizione
Diversi studi e analisi indicano che gli investimenti globali nella transizione energetica dovranno raddoppiare, o addirittura quadruplicare, entro il 2030 per evitare punti di non ritorno per il clima. Inoltre sarà essenziale un afflusso di capitali sostenuto per realizzare un’economia a basse emissioni di carbonio. “La maggior parte degli investimenti continua ad essere destinata a tecnologie mature come i trasporti elettrici, le energie rinnovabili e le reti elettriche, mentre alle soluzioni emergenti, tra cui l’idrogeno, il trasporto marittimo pulito e la cattura e lo stoccaggio del carbonio, è stato destinato soltanto il 7% degli investimenti totali” tiene a precisare Ronald Van Steenweghen, Fixed Income Fund manager, DPAM.
IL RUOLO CENTRALE DEI GREEN BOND
A ostacolare la diffusione di queste tecnologie emergenti sono la loro complessità e la redditività economica, barriere che probabilmente richiederanno incentivi mirati politici più forti. Una quota rilevante degli investimenti nella transizione energetica è stata finanziata attraverso i mercati del debito ESG, in particolare con le obbligazioni verdi. “Si tratta di titoli progettati per finanziare specifici progetti con benefici ambientali e di sostenibilità, consentendo agli investitori di allineare il proprio capitale a un impatto misurabile” spiega Van Steenweghen…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.