Secondo PGIM l’accordo di Ginevra sulle tariffe non sarà definitivo. Gli Stati Uniti spingeranno per un disaccoppiamento strategico in settori chiave cercando di isolare Pechino dagli accordi globali
Torna al centro della scena economica globale il delicato equilibrio tra Stati Uniti e Cina. Il temporaneo “reset di Ginevra” sui dazi Usa segna una svolta strategica nei negoziati, ma non sancisce la pace commerciale. Piuttosto, inaugura una nuova fase, più sofisticata e meno conflittuale solo in apparenza. Secondo Shikeb Farooqui, Lead Economist Asia di PGIM Fixed Income, “gli Stati Uniti e la Cina stanno elegantemente abbandonando un costoso gioco di ‘braccio di ferro’ per passare a una ‘caccia al cervo’”. Una metafora mutuata dalla teoria dei giochi in cui la cooperazione, più della competizione, diventa la strategia vincente per entrambi. In questa logica, le due potenze “competono per ottenere gratificazioni immediate, ma gli interessi a lungo termine sono meglio soddisfatti quando le decisioni chiave ruotano attorno, appunto, al concetto di cooperazione”.
RESTA IL RISCHIO DAZI USA ALL’80%
Il compromesso raggiunto a Ginevra prevede una tariffa media statunitense del 50% sulle importazioni cinesi, con possibilità di riduzioni in base ai risultati negoziali. Ma il margine di rischio rimane elevato. “Il livello medio dei dazi imposti dagli Stati Uniti alla Cina – avverte Farooqui – potrebbe salire all’80% se, alla fine dei 90 giorni, l’offerta della Cina non fosse all’altezza delle aspettative”. Lo scenario più aggressivo prevede dazi del 20% su prodotti sensibili come il fentanil e del 10% sui beni di largo consumo. Ma anche l’abolizione delle esenzioni sui microchip e tariffe del 25% su settori strategici sotto indagine, oltre a un ulteriore 10% su tutti gli altri comparti…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.