I big della finanza e dell’industria riuniti a Davos avvistano una ripresa senza inflazione, ma non sarà un ritorno al passato. Si preparano colossali riassetti di cui i licenziamenti dei big tech sono il primo segnale
Inflazione, banche centrali che continuano a alzare i tassi, recessione in arrivo ma non si sa se lieve, violenta o magari che neanche ci sarà. Intanto la geopolitica rimane la principale incognita che pende su economie e mercati. Dai dati macro che escono in continuazione non arriva molto aiuto, la loro volatilità resta alta. E se i mercati stanno sussurrando qualcosa all’orecchio degli investitori, è difficile da decifrare. Sicuramente da inizio 2023 dalle cronache finanziarie è scomparso il termine ‘stagflazione’, molto ricorrente l’anno scorso. Il rischio di una combinazione perversa di crescita bloccata e alta inflazione è stato cancellato dalla determinazione delle banche centrali ad alzare i tassi tanto e quanto a lungo sarà necessario per far rientrare la corsa dei prezzi. A differenza di fine 2018/inizio 2019, la Fed non è corsa in aiuto quando l’S&P 500 a ottobre 2022 è andato sotto i 3.500 punti al nuovo minimo dell’anno dopo una serie di quattro o cinque rally ingannevoli alimentati proprio dalla speranza di una Fed che andasse in pausa per evitare una recessione.
IL RALLY PIÙ LONGEVO DA INIZIO 2022
I mercati sembrano essersene fatta una ragione, e da quei minimi sull’azionario globale è partito il rally finora più longevo da inizio 2022, in accelerazione nelle prime 3 settimane del nuovo anno, con un rialzo di oltre il 15%, a fronte di un calo che rimane comunque ancora superiore al 16% rispetto ai massimi storici di novembre 2021, come mostra il grafico dell’MSCI AC World Index riportato qui sotto…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.