Emerge una maggiore probabilità di volatilità inflativa e una minore probabilità di miglioramento dal lato dell’offerta dell’economia mentre il legame tra entrate tariffarie e tagli fiscali implica un aumento più sostenuto dei dazi
Lo scorso 2 febbraio Trump, in linea con le promesse della sua campagna elettorale, ha annunciato un dazio generalizzato del 25% sulle importazioni da Messico e Canada, uno del 10% sull’energia canadese e uno del 10% verso la Cina. Benché non si possano escludere negoziazioni e modifiche prima dell’attuazione, si stima che una loro implementazione potrebbe portare ad un aumento dello 0,70% della spesa per consumi personali (PCE) di base e una riduzione della crescita dello 0,5%.
DAZI ANCHE VERSO L’EUROPA E FORSE ANCHE VERSO IL GIAPPONE
“Riteniamo che l’apprezzamento del dollaro statunitense e alcune precisazioni circa l’applicazione dei dazi possa portare a un aumento della PCE di base di circa 0,5 punti percentuali, comunque uno shock estremamente significativo per l’inflazione a breve termine” fa sapere Michael Medeiros, Macro Strategist di Wellington Management, secondo il quale è inoltre ragionevole supporre che nei prossimi mesi venga introdotto un dazio del 10% su larga scala verso l’Europa e forse anche il Giappone…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.