Le principali banche italiane si confermano tra le più redditizie d’Europa, secondo un’analisi condotta da Marco Troiano e Alessandro Boratti del team Financial Institution Ratings di Scope Ratings. La redditività del settore è spinta da margini di interesse elevati, crescita delle commissioni e costi del rischio ai minimi storici, elementi che hanno portato il ROAE medio delle principali banche italiane al 15,7% nel primo trimestre 2025.
Cosa è successo
L’analisi prende in esame i risultati di otto grandi gruppi: Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco BPM, MPS, BPER, Mediobanca, Credem e Popolare di Sondrio. Il dato aggregato mostra un rendimento del capitale proprio (ROAE) al 15,7%, una delle performance più alte in Europa. Tra i fattori determinanti si evidenziano commissioni in aumento e costi del rischio ridotti a soli 26 punti base.
Oltre alla redditività, le banche italiane mostrano anche una solida posizione patrimoniale, con un CET1 ratio medio del 15,6% a marzo 2025, pur in presenza delle nuove regole di Basilea III. Anche la qualità del credito resta elevata, con un NPL ratio stabile al minimo storico del 2,8%, a conferma di un’efficace gestione degli attivi.
L’analisi segnala infine un forte slancio nelle operazioni di M&A, con numerose acquisizioni annunciate negli ultimi mesi. Queste potrebbero tradursi in economie di scala e miglioramento delle performance, ma comportano anche rischi crescenti di execution, legati a valutazioni ottimistiche o combinazioni non ottimali.
Perché è importante
Le performance delle banche italiane rafforzano il settore in un momento di transizione, in cui la solidità patrimoniale e la redditività diventano vantaggi competitivi chiave nel panorama europeo.
Il potenziale consolidamento tramite M&A offre nuove opportunità di crescita, ma richiede strategie chiare e realismo nei target per evitare effetti controproducenti.
Infine, la combinazione tra bassa incidenza di crediti deteriorati, capitalizzazione elevata e alti margini evidenzia una resilienza strutturale, utile ad affrontare le possibili turbolenze economiche attese nel 2026.
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