Una notizia che allevia (almeno in parte) le tasche degli italiani in viaggio per Ferragosto. I prezzi dei carburanti alla pompa hanno continuato la loro discesa, raggiungendo livelli che non si vedevano da prima del conflitto in Ucraina. Questo calo, spinto dall’andamento favorevole dei mercati internazionali, riaccende il dibattito su quanto ancora i listini possano scendere, con le associazioni dei consumatori che premono per ulteriori riduzioni.
Cosa è successo
Secondo i recenti dati dell’Osservatorio sui prezzi dei carburanti del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), nella settimana di Ferragosto si sono registrati nuovi ribassi. Rispetto all’8 agosto, la benzina è scesa di 0,3 centesimi al litro, attestandosi a 1,71 €/litro, mentre il gasolio ha perso 0,5 centesimi, raggiungendo 1,64 €/litro.
Questi valori sono i più bassi dal 2021, segnando un netto miglioramento rispetto agli anni passati: la benzina costa 11,6 cent/litro in meno rispetto a un anno fa e addirittura 23,3 cent/litro in meno rispetto a due anni fa. Anche il gasolio ha visto cali significativi. Il trend ribassista si conferma da inizio anno, con l’unica eccezione di un breve rialzo a giugno dovuto al conflitto in Medio Oriente. Il Mimit continuerà a monitorare l’andamento dei prezzi, segnalando eventuali anomalie alla Guardia di Finanza.
Perché è importante
La discesa dei prezzi dei carburanti è una boccata d’ossigeno per milioni di cittadini e per l’economia, specialmente in un periodo di forti spostamenti come Ferragosto. Segnala un’adeguata trasmissione dei minori costi delle materie prime raffinare dal mercato internazionale al consumatore finale, confermando un certo grado di trasparenza nel sistema.
Tuttavia, le associazioni dei consumatori, come il Codacons, pur apprezzando il calo, lo definiscono “non ancora sufficiente”. La loro argomentazione è chiara: se il prezzo del petrolio è calato del -16,7% da giugno a oggi, i prezzi alla pompa di benzina e gasolio si sono ridotti appena del -2% nello stesso periodo. Questo divario, unito alla velocità con cui i prezzi salgono in caso di crisi, suggerisce che ci siano ancora ampi margini per un’ulteriore riduzione, tenendo conto che il petrolio non è l’unico fattore determinante (entrano in gioco anche accise e IVA).
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