Le vacanze scolastiche, attese con entusiasmo dai più piccoli, stanno diventando un vero incubo per molte famiglie italiane. I centri estivi, un tempo soluzione comoda e accessibile, oggi rappresentano una voce di spesa sempre più pesante.
In media, mantenere un bambino per tutta la stagione può costare fino a 1.400 euro, con punte che sfiorano i 3.374 euro per due figli. Un incremento che mette a dura prova i bilanci familiari, soprattutto nelle grandi città.
Cosa è successo
Secondo i dati più recenti, la spesa settimanale media per un centro a tempo pieno è di 154,30 euro, in crescita del 23% rispetto a due anni fa. A Milano, la città più costosa, due figli per otto settimane costano oltre 3.300 euro. Bologna e Roma seguono con oltre 2.000 euro, mentre nel Sud Italia i costi restano più contenuti, ma comunque elevati: 1.902 euro a Napoli, 1.548 a Bari.
I servizi offerti non giustificano sempre la spesa. Solo il 75% dei centri include il pranzo, e meno della metà la merenda. Inoltre, i servizi di pre e post-camp, pur presenti in un quarto delle strutture, comportano costi extra. La flessibilità c’è, ma si paga profumatamente.
I bonus statali? Poco utili per chi ha un ISEE medio. Molte famiglie ne restano escluse, finendo per affidarsi a soluzioni alternative: nonni, baby-sitter o centri privati, con costi che possono superare i 2.000 euro a bambino.
Perché è importante
Questa situazione evidenzia una crisi del welfare estivo, che penalizza proprio chi lavora e ha meno strumenti per affrontare l’interruzione scolastica.
La disparità territoriale aggrava il problema: il costo dei servizi varia drasticamente da città a città, creando una frattura sociale tra Nord e Sud.
Infine, l’inefficacia dei bonus esistenti pone seri interrogativi sulla reale accessibilità dei centri estivi, lasciando molte famiglie senza alternative sostenibili.
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Foto: earthphotostock/shutterstock
