Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, ha proposto una riforma del Trattamento di Fine Rapporto (TFR), suggerendo di trasferirne una parte ai fondi pensione integrativi.
Cosa è successo
Durigon ha proposto di destinare una quota pari al 25% del TFR ai fondi pensione integrativi. Questa proposta verrà discussa con i sindacati a settembre, con l’obiettivo di introdurre una nuova fase di “silenzio-assenso” prima che il TFR venga definitivamente destinato alla previdenza complementare.
Il Ministro del Lavoro, Elvira Calderone, ha appoggiato la proposta, sottolineando l’importanza del secondo pilastro pensionistico come supporto alla pensione di primo livello. Calderone ha anche indicato che le generazioni più giovani sarebbero principalmente interessate a trasferire il proprio TFR a un fondo pensione integrativo.
Secondo i dati Covip, alla fine di giugno 2024, il numero totale di iscritti ai regimi pensionistici complementari era di 10,9 milioni di lavoratori, con un aumento del 2,3% rispetto alla fine del 2023. I fondi pensione complementari con maggiore esposizione azionaria hanno registrato i rendimenti medi più elevati, con il 6,4% per i fondi negoziali, il 7% per i fondi aperti e il 9,7% per i PIP.
La proposta di riforma del TFR non avrebbe alcun impatto sui conti pubblici, ma potrebbe creare problemi alle aziende, soprattutto a quelle più piccole che utilizzano il TFR dei dipendenti come forma di sostegno finanziario per la loro attività.
Perché è importante
La proposta di riforma del TFR è un tentativo di aumentare i rendimenti dei fondi pensione, che si sono dimostrati un’opzione interessante per i lavoratori. Tuttavia, la modifica potrebbe avere implicazioni significative per le aziende, soprattutto quelle più piccole, che si affidano al TFR come forma di finanziamento. La discussione con i sindacati a settembre sarà fondamentale per determinare il futuro di questa proposta.
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Foto di Scott Graham su Unsplash