Oggi, sabato 5 luglio, prendono ufficialmente il via i saldi estivi 2025. Ma mentre le vetrine si vestono di cartellini rossi, Confesercenti solleva il velo su un disagio profondo: l’attuale calendario dei saldi non corrisponde più alla realtà del commercio. Il rischio? Una giungla di sconti anticipati che svuota di senso i veri saldi e mette in crisi i negozi tradizionali.
Cosa è successo
«È il momento che le istituzioni sostengano davvero i nostri imprenditori», afferma Fabio Lucchi, vicedirettore di Confesercenti Forlì, rilanciando la proposta di posticipare l’inizio dei saldi verso una vera “fine stagione”. Un appello condiviso a livello nazionale, sostenuto anche da Fismo Confesercenti, che punta il dito contro il dilagare delle promozioni fuori controllo.
Il presidente Benny Campobasso denuncia un “mercato parallelo degli sconti” — online e offline — che sfugge a regole e controlli. Nonostante quindici regioni vietino le vendite promozionali prima dei saldi, i social e l’e-commerce si muovono indisturbati, spesso senza indicare neppure il prezzo iniziale.
Secondo Fismo, il web è diventato un far west promozionale, dove l’eccezione è la trasparenza. Black Friday, Prime Day e sconti a raffica hanno svuotato il significato della parola “saldo”, rendendo difficile per i negozi di prossimità competere ad armi pari.
La pressione promozionale colpisce anche le abitudini dei consumatori: il 52% ha già ricevuto offerte prima dei saldi, ma solo il 18% ha comprato. Tra i più reattivi, i giovani (22%) e le donne (20%), con tendenze d’acquisto simili in tutte le regioni.
Perché è importante
Dietro le vetrine illuminate c’è una fragilità sistemica che rischia di desertificare i centri storici. «Non si può competere con chi non ha regole», avverte Lucchi. La richiesta è chiara: servono norme più stringenti anche per il digitale, per evitare che i saldi perdano valore e i piccoli negozi vengano schiacciati.
L’assenza di limiti online crea una realtà distorta, dove ogni giorno può essere “quello giusto per uno sconto”. Ma per i commercianti fisici, legati a calendari e normative locali, questa libertà apparente diventa un gioco truccato. E alla lunga, il consumatore stesso ci perde: meno scelta, meno qualità, meno tessuto urbano vivo.
Il dibattito tocca anche le istituzioni. Fismo nazionale è al lavoro con il Ministero del Made in Italy e la Conferenza Stato-Regioni per trovare un punto di equilibrio. Non si tratta solo di cambiare una data sul calendario, ma di rimettere ordine in un sistema che ha perso coerenza.
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