La Guardia di Finanza ha lanciato una massiccia offensiva contro la pirateria audiovisiva, colpendo oltre 2.200 utenti che utilizzavano il cosiddetto “pezzotto” per accedere illegalmente a contenuti protetti. L’operazione, estesa su tutto il territorio nazionale, prevede sanzioni fino a 5.000 euro per i trasgressori, ma anche verifiche su patrimoni e redditi sospetti. L’obiettivo è chiaro: combattere un fenomeno che mina l’intero ecosistema dell’intrattenimento digitale.
Cosa è successo
Le indagini coordinate dalla Guardia di Finanza si sono focalizzate sull’identificazione degli utenti che utilizzano decoder illegali per accedere a contenuti a pagamento. L’operazione ha portato non solo a multe elevate, ma anche a sequestri di beni per un valore complessivo superiore a 500mila euro, tra cui automobili di lusso. Le autorità intendono colpire anche il profilo fiscale degli utenti, per scoprire eventuali redditi non dichiarati o attività illecite.
Dal 2023 la tecnologia ha cambiato le carte in tavola: il Piracy Shield, sistema coordinato da Agcom, consente di bloccare in soli due minuti le trasmissioni pirata. Questo strumento è capace di oscurare anche server esteri e VPN, rendendo inefficaci le principali strategie usate dai pirati digitali. È una rivoluzione nella lotta alla pirateria, che fino a poco tempo fa soffriva lentezze burocratiche e scarsa efficacia.
Grazie alla collaborazione con la Procura di Lecce, le indagini si sono fatte più sofisticate. L’identificazione dei colpevoli avviene attraverso tracciamenti digitali e finanziari: pagamenti online, indirizzi IP e movimenti sospetti vengono incrociati per risalire all’utente finale. Una volta individuati, i trasgressori vengono segnalati e inseriti in appositi registri.
Perché è importante
La pirateria digitale danneggia gravemente l’industria dello sport e dell’intrattenimento, causando perdite economiche e licenziamenti nel settore. Le istituzioni stanno rispondendo con determinazione per tutelare i posti di lavoro e il gettito fiscale. L’intervento repressivo è accompagnato da campagne di sensibilizzazione mirate a scoraggiare il fenomeno.
Il Piracy Shield rappresenta il punto di svolta tecnologico: oscurare i contenuti illegali in tempo reale impedisce la diffusione capillare del “pezzotto”. La rapidità d’azione delle autorità ora eguaglia quella dei cybercriminali, riducendo drasticamente la finestra di utilizzo dei flussi illegali.
Infine, l’aspetto fiscale introduce una nuova dimensione di deterrenza: il rischio non è più solo una multa, ma anche un’indagine patrimoniale. Chi ricorre al “pezzotto” può finire in seri guai giudiziari.
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Foto: Shutterstock/TippaPatt