Alle 16:05, con la seduta ancora in corso, Piazza Affari evidenzia una fase di consolidamento: il FTSE Mib oscilla in un range di 40.063‑40.332 punti, frenato dal comparto bancario e dall’incertezza sugli eventuali dazi statunitensi al 30 % previsti dal 1° agosto. L’avvio della reporting season statunitense del 2° trimestre 2025, unitamente al quadro macro‑inflattivo, mantiene elevato il profilo di rischio e induce gli operatori a un posizionamento più difensivo.
Cosa è successo
Gli scambi odierni a Piazza Affari si stanno chiudendo con un bilancio in chiaroscuro: il FTSE Mib arretra dello 0,05% a 40.177 punti, dopo oscillazioni fra 40.063 e 40.332. Il FTSE Italia All Share perde lo 0,03%, mentre Mid Cap e Star si distinguono con +0,45% e +0,78%. Un mosaico di numeri che dipinge una seduta priva di nette direzioni.
Sul palco internazionale, i colossi finanziari statunitensi hanno iniziato a svelare i conti del secondo trimestre 2025, tenendo alta la curiosità degli operatori. Toby Thompson di T. Rowe Price avverte che, se il presidente statunitense Donald Trump dovesse confermare i nuovi dazi dal 1° agosto, i mercati diventerebbero più fragili (fonte: SoldiOnline).
Sul fronte delle materie prime e della moneta, Bitcoin galleggia sopra i 117.500 dollari (circa 100.600 euro), mentre lo spread Btp‑Bund rimane a 85 punti base, con il decennale italiano vicino al 3,46 %. L’euro tratta in area 1,168 dollari, segno che anche i mercati del credito e del cambio hanno il respiro affannoso.
In luce opposta, il settore bancario paga dazio: Banco BPM cede l’1,61% a 10,375 euro, BPER Banca il 2,92% a 7,66 euro e la Popolare di Sondrio lo 0,24% a 12,335 euro, dopo i forti rialzi della seduta precedente. Sul versante industriale, Prysmian e Stellantis rialzano la testa con +2,27 % (62,22 euro) e +2,16 % (8,616 euro).
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Perché è importante
La pressione odierna non risparmia nemmeno chi spesso gioca il ruolo di porto sicuro: l’indice delle società assicurative perde l’1,12% e scivola a 34.192,11 punti. Una frenata che fa riflettere sui possibili riflessi in altri comparti, perché un’ondata di vendite in un settore sensibile può spargersi sull’intero mercato.
Oltreoceano, Wall Street prende quota con cautela: l’inflazione USA di giugno è salita del 2,7% su base annua, mentre l’indice core – al netto di energia e alimentari – si è fermato al 2,9%. Numeri in linea con le attese, ma sufficienti a mantenere viva l’ipotesi di tassi fermi da parte della Federal Reserve.
Guardando oltre l’orizzonte di oggi, gli analisti di Kairos sottolineano che il terzo trimestre farà da banco di prova sulle tensioni commerciali USA‑mondo. La reporting season Q3 svelerà l’impatto delle tariffe sulle aziende italiane, soprattutto quelle legate all’export oltreoceano. Resteranno d’occhio le operazioni di M&A bancarie e la possibile riscoperta di mid e small cap, finora sottopesate: ma senza una maggiore visibilità macro e un ulteriore calo dei tassi resta difficile immaginare una ripresa solida.
Immagine creata con intelligenza artificiale
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