Le azioni Eni hanno chiuso la penultima seduta della settimana, giovedì 4 settembre, poco sotto quota 15 euro. Una performance debole rispetto all’andamento generale del comparto, penalizzato dalla flessione delle quotazioni del greggio. Nonostante un lieve progresso giornaliero (+0,27%), il bilancio settimanale resta negativo, circa il 2%.
Da inizio anno, tuttavia, il titolo mantiene un robusto +10%, confermando un andamento a “doppia velocità”: debole sul breve termine, positivo sulla prospettiva di medio periodo. In questo contesto, gli analisti di Morgan Stanley hanno rivisto la loro valutazione sul Cane a Sei Zampe, generando particolare interesse tra gli operatori.
Cosa è successo
Morgan Stanley ha confermato il rating equalweight su Eni, aumentando però il target price da 13,3 a 14,6 euro. Una mossa che, a prima vista, potrebbe sembrare incoraggiante, ma che in realtà lascia poco spazio all’ottimismo: il nuovo prezzo obiettivo resta infatti al di sotto delle attuali quotazioni. Il messaggio è chiaro: non ci sono prospettive di upside per gli investitori.
A rafforzare questa visione prudente, sempre giovedì, è arrivata anche la decisione di RBC Capital di declassare il titolo da outperform a sector perform. Un passo indietro netto, che segnala come per la banca canadese Eni sia destinata a muoversi in linea con il resto del settore, senza particolari sorprese positive.
Il quadro delle raccomandazioni conferma l’orientamento di cautela: su 22 analisti che coprono il titolo, ben 12 suggeriscono un semplice mantenimento in portafoglio. Il target medio si colloca a 15,33 euro, appena il 3% sopra i valori correnti.
Perché è importante
Il consenso prudente degli analisti mette in secondo piano le possibili spinte rialziste legate ad alcune novità societarie. Da un lato, le prospettive africane: l’incontro a Luanda tra il CEO Claudio Descalzi e il presidente angolano João Lourenço ha riaffermato l’importanza della joint venture Azule Energy, oggi tra gli operatori più dinamici dell’Africa subsahariana. Progetti rapidi e scoperte in Angola e Namibia confermano un posizionamento strategico.
Dall’altro, c’è il piano di buyback che prosegue spedito: solo a fine agosto Eni ha riacquistato oltre 2,6 milioni di azioni, portando il totale dall’avvio del programma a oltre 51 milioni di titoli. Un segnale di fiducia, anche se non sufficiente per incidere sul giudizio degli analisti.
In definitiva, il titolo resta sospeso tra due forze contrapposte: da una parte le iniziative industriali e finanziarie che potrebbero sostenere il percorso di crescita, dall’altra la pressione dei prezzi del petrolio e la mancanza di prospettive di apprezzamento secondo le grandi banche d’affari. Per gli investitori, il messaggio è chiaro: cautela rimane la parola d’ordine.
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