Poste Italiane sta considerando di introdurre una tassa annuale di gestione per gli utenti del proprio servizio di identità digitale, noto come SPID. Questa potenziale nuova tariffa potrebbe portare fino a 100 milioni di euro di profitto operativo aggiuntivo per il gruppo, secondo le stime degli analisti di Intermonte e Akros. Al momento, Poste ha rifiutato di commentare ufficialmente la notizia, ma il tema è di grande rilievo per milioni di utenti in Italia.
Cosa è successo
Il servizio di identità digitale SPID, gestito da diversi provider tra cui Poste Italiane, permette di accedere in modo sicuro a numerosi servizi online pubblici e privati. Attualmente, l’uso del servizio è gratuito, soprattutto per i cittadini, ma altri provider già hanno iniziato a introdurre costi annuali di gestione. La mossa di Poste segnerebbe un cambio importante nella politica commerciale, sospinta dalle difficoltà finanziarie legate al mancato sblocco di fondi pubblici previsti per i gestori SPID.
Con circa 20 milioni di account attivi, Poste ha una posizione dominante nel mercato della gestione dell’identità digitale italiana. L’introduzione di una tassa annuale, anche se contenuta, potrebbe cambiare la percezione di questo servizio, fino ad ora considerato un diritto digitale gratuito.
Perché è importante
L’eventuale tassa rappresenta una svolta significativa nel settore della digitalizzazione in Italia. Il costo potrebbe incidere sulle abitudini degli utenti e spostare l’attenzione verso servizi alternativi, inclusa la prevista diffusione della Carta d’Identità Elettronica europea, che dovrebbe garantire accesso gratuito e interoperabilità oltre i confini nazionali.
Inoltre, il provvedimento potrebbe avere un impatto su milioni di utenti e aziende che si affidano a SPID per le loro operazioni quotidiane, dalla pubblica amministrazione ai servizi bancari. L’introduzione di costi potrebbe rallentare l’adozione e rendere necessario un confronto più ampio tra Stato, provider e cittadini per garantire sostenibilità senza compromettere l’accessibilità digitale.
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Foto: Shutterstock/ Andrey_Popov
