UniCredit, guidata da Andrea Orcel, si prepara a portare la partita sul golden power al livello successivo. La banca sta valutando un ricorso al Consiglio di Stato contro il decreto del governo relativo alla potenziale operazione su Banco Bpm. Non si tratta di uno scontro frontale con l’esecutivo, precisano fonti vicine al dossier, ma della necessità di definire con chiarezza i confini di un potere sempre più centrale nel rapporto tra finanza e politica.
Cosa è successo
Il consiglio di amministrazione di UniCredit sta valutando di presentare ricorso dopo che la sentenza del Tar del Lazio, emessa a luglio, ha accolto solo in parte le sue obiezioni. Il tribunale amministrativo aveva annullato alcune clausole imposte dal governo tramite l’esercizio del golden power, ma aveva confermato le condizioni più sensibili.
In particolare, sono rimaste valide le restrizioni legate alla gestione dell’uscita dalla Russia e al mantenimento degli investimenti in asset strategici italiani. Vincoli che l’istituto di Piazza Gae Aulenti giudica sproporzionati e che ora intende contestare davanti a un’istanza superiore.
Perché è importante
La mossa di UniCredit va oltre il singolo caso e assume un valore strategico per l’intero mercato. L’obiettivo non è sfidare il governo, ma ottenere chiarezza giuridica e creare un precedente che possa limitare l’uso discrezionale del golden power in futuro. Per l’esecutivo, guidato da Giorgia Meloni, questo strumento è un pilastro della sovranità economica nazionale, ma le grandi imprese temono che possa trasformarsi in una fonte di incertezza.
La decisione finale del Consiglio di Stato non influenzerà solo UniCredit, ma traccerà una linea fondamentale sull’equilibrio tra la tutela degli interessi strategici dello Stato e la libertà d’impresa. In sostanza, il verdetto stabilirà le regole del gioco per le future grandi operazioni nel sistema finanziario italiano, inviando un segnale chiaro agli investitori nazionali e internazionali.
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