Il cammino di Unicredit verso un’espansione europea trova due ostacoli pesanti nello stesso giorno: Bruxelles mette in discussione il golden power italiano e la Germania blocca la scalata a Commerzbank. Due “no” che pesano, arrivati nel cuore di un’estate calda per il secondo gruppo bancario italiano, pronto a consolidarsi in patria e a espandersi all’estero — ma ora costretto a rivedere i piani.
Cosa è successo
Il golden power italiano è nel mirino di Bruxelles. Un’analisi dell’unità Egov del Parlamento europeo segnala come l’uso di questo strumento, pensato per difendere asset strategici da influenze esterne, risulti problematico quando applicato a una fusione tra due banche italiane, come nel caso di Unicredit e Banco Bpm. L’ufficio studi ravvisa rischi legali, economici e regolatori, criticando la decisione del governo Meloni di porre vincoli all’operazione.
Sul piano giuridico, si denuncia un’estensione eccessiva del golden power oltre lo scopo originario. È la prima volta che Palazzo Chigi impone condizioni vincolanti in un deal tutto italiano, mentre altri casi simili — come la presenza di Crédit Agricole in Banco Bpm — non hanno ricevuto la stessa attenzione.
Dal lato economico, il documento evidenzia come l’obbligo imposto a Banco Bpm di mantenere invariato il rapporto prestiti/depositi per cinque anni sia “inefficiente”. Questo vincolo, secondo l’analisi, ostacola l’adattamento della banca ai cambiamenti nei tassi e nei flussi di liquidità, riducendo la flessibilità strategica.
Infine, a livello regolamentare, Bruxelles avverte: la divergenza tra norme italiane ed europee potrebbe sfociare in procedimenti di infrazione o ricorsi alla Corte di Giustizia. Una frizione pericolosa, soprattutto in un settore delicato come quello bancario, che dovrebbe riflettere gli interessi condivisi del mercato unico.
Perché è importante
Il gelo di Berlino rischia di raffreddare definitivamente il progetto più ambizioso di Andrea Orcel: l’ingresso massiccio in Commerzbank. Dopo aver convertito derivati in azioni e raggiunto il 20% del capitale, Unicredit mirava a salire al 28% per un’eventuale Opa. Ma la risposta tedesca è stata secca: “Respingiamo questo approccio non amichevole”, ha dichiarato il ministro delle Finanze Lars Klingbeil.
La Germania difende la sovranità del proprio sistema bancario. Commerzbank è ritenuta una banca di “importanza sistemica” e il governo — ancora azionista al 12% — non intende cedere il controllo. Un messaggio diretto a Orcel, che aveva tentato di convincere Berlino con una lettera personale al cancelliere Merz.
Il “no” tedesco si inserisce in un contesto europeo sempre più frammentato sul tema bancario. Da un lato, l’Europa chiede più integrazione finanziaria; dall’altro, i governi nazionali alzano barriere, spesso per motivi politici o strategici. Il caso Unicredit mostra tutte le crepe di questo paradosso: il sogno di un campione bancario europeo rischia di infrangersi contro la realtà degli interessi nazionali.
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Foto: CHOKCHAI POOMICHAIYA via Shutterstock