Dopo la più brusca contrazione trimestrale degli ultimi tre anni, l’economia statunitense è tornata a crescere con decisione nel secondo trimestre, con un rimbalzo del prodotto interno lordo ben oltre le previsioni—regalando così al presidente Donald Trump un “successo economico” da celebrare in un momento cruciale.
Secondo le stime preliminari diffuse giovedì dal Bureau of Economic Analysis, il PIL degli Stati Uniti è cresciuto a un ritmo annualizzato del 3% nel secondo trimestre, dopo una flessione dello 0,5% registrata nel periodo precedente.
Il dato ha superato le aspettative degli economisti, che puntavano su un incremento del 2,4%, segnando così la crescita più forte dal terzo trimestre dello scorso anno.
“3%, molto meglio del previsto!” ha esultato Trump su Truth Social, sfruttando l’occasione per aumentare la pressione su Jerome Powell, presidente della Fed, poche ore prima della riunione del FOMC.
“Troppo tardi, bisogna abbassare i tassi. Niente inflazione! Bisogna lasciar comprare e rifinanziare le case!”
Cosa ha alimentato la ripresa?
Le distorsioni legate al commercio che avevano falsato i dati del primo trimestre—dovute a una corsa agli acquisti prima dell’entrata in vigore dei dazi—si sono esaurite nel secondo trimestre.
Il vero motore del rimbalzo del PIL è stato il crollo delle importazioni (-30,3%), che ha ribaltato il balzo del 37,9% visto nei primi tre mesi: molte aziende avevano infatti anticipato gli acquisti per evitare i nuovi dazi.
Poiché le importazioni sottraggono valore al PIL, questa caduta ha inciso positivamente sul dato trimestrale.
Consumi in ripresa: la spesa personale reale è salita dell’1,4%, in accelerazione rispetto allo 0,5% del trimestre precedente.
Una delle maggiori sorprese riguarda l’inflazione: l’indice core delle spese per consumi personali (PCE), il parametro preferito dalla Fed, è cresciuto del 2,5% trimestre su trimestre (contro il 3,5% del Q1). L’inflazione generale PCE ha visto un rallentamento dal 3,7% al 2,1%.
Sul fronte occupazionale, i dati ADP di luglio hanno evidenziato un netto recupero: l’occupazione privata è aumentata di 104.000 unità, dopo una perdita di 23.000 posti a giugno e oltre le attese, fissate a 74.000.
Reazioni dei mercati: il dollaro continua a salire, il greggio vede quota 70
L’indice del dollaro (DXY) ieri è salito dello 0,4%, allungando il rally per la quinta seduta consecutiva grazie ai dati economici migliori delle attese, che hanno rafforzato la fiducia sulle prospettive statunitensi.
I prezzi dell’oro sono scesi, complice un minore interesse per i beni rifugio: l’SPDR Gold Trust (NYSE:GLD) ha perso lo 0,4% a 3.315 dollari l’oncia.
I future sugli indici preannunciano una partenza positiva: i contratti S&P 500 sono saliti dello 0,1% a 6.380, mentre i Nasdaq 100 avanzano dello 0,2% a 23.358.
Il petrolio ha proseguito la corsa, con il WTI sopra i 69,50 dollari al barile, massimo dal 23 giugno, spinto dalla domanda resiliente e dalle forniture più limitate.
Ora gli occhi sono tutti puntati sulla decisione della Federal Reserve, attesa per oggi: i tassi dovrebbero restare invariati al 4,25%-4,5%, ma cresce il dibattito interno su possibili tagli già nelle prossime riunioni.
Nei giorni a seguire, il mercato attende il dato PCE sull’inflazione di giugno (giovedì) e il rapporto occupazionale di luglio (venerdì): due numeri chiave che potrebbero orientare le future mosse della banca centrale.
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Foto: Miha Creative via Shutterstock