Il cambio Euro/Dollaro (EUR/USD) si prepara a una stagione autunnale cruciale, con i mercati che guardano soprattutto alle prossime mosse della Federal Reserve. Dopo un’estate relativamente tranquilla, priva di board monetari, le decisioni di settembre e quelle successive fino a dicembre rappresentano i veri catalizzatori per il forex.
Cosa è successo
L’attenzione degli operatori è rivolta al board della Fed di settembre, dove il mercato si aspetta con ampia probabilità un taglio dei tassi di 25 punti base. Lo scenario si fonda sul deterioramento del mercato del lavoro e su una fiducia dei consumatori più debole del previsto. L’alternativa – ovvero una Fed immobile – sarebbe percepita come poco giustificata e rischierebbe di deludere gli investitori.
Secondo gli analisti di ING, la traiettoria per il cambio sarà influenzata da più tagli consecutivi: dopo i -25 punti base a settembre, potrebbero seguire ribassi analoghi a ottobre e dicembre, per un totale di 75 punti base entro fine 2025. A quel punto il tasso sui Fed Funds si attesterebbe intorno al 3,25%, aprendo la strada a ulteriori ribassi nel 2026.
Le previsioni di ING vedono l’euro-dollaro a 1,17 entro fine settembre, subito dopo la prima sforbiciata, e proiettato verso 1,20 per chiudere l’anno. La linea di fondo è una view rialzista: con una Fed sempre più accomodante, mantenere dollari diventa meno attrattivo, mentre l’euro assume maggiore forza relativa.
Perché è importante
Il target a 1,20 rappresenta un livello psicologico forte per il cross più scambiato al mondo. Un tale movimento avrebbe effetti su più fronti:
- favorirebbe le aziende europee importatrici, che beneficerebbero di un euro più forte;
- penalizzerebbe gli esportatori dell’Eurozona, meno competitivi a livello globale;
- orienterebbe i flussi finanziari verso l’Europa, in un momento in cui la Bce ha dato segnali di “pausa tattica” sui tassi.
Un elemento da non trascurare riguarda i flussi di copertura in dollari, che negli ultimi mesi hanno sostenuto artificialmente la valuta statunitense. Con una Fed più accomodante, i costi di copertura scenderebbero, riducendo la pressione rialzista su USD e rafforzando ulteriormente l’euro.
In definitiva, l’autunno si prospetta come una fase di potenziale ribilanciamento dei rapporti di forza tra euro e dollaro. Oltre Jackson Hole, che avrà un impatto limitato, i focus restano le mosse Fed e le prospettive macro Usa. Per gli investitori, la strategia di base resta orientata a vendere dollari e comprare euro, con i target individuati a 1,17 entro settembre e 1,20 a fine anno.
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Foto: Claudio Divizia via Shutterstock