Nel 2022 bisognerà guardare dentro gli indici per capire dove prendere il profit e dove comprare sugli storni. La sbandata del Nasdaq non anticipa un ritorno alla bolla del 2000 ma riflette mille situazioni diverse
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Non sono pochi quelli che guardano con una certa apprensione, se non qualcosa di più, al grafico del Nasdaq, l’indice-simbolo del tech globale che nelle prime 5 sedute del 2022 ha lasciato sul terreno un migliaio di punti. Alla fine parliamo di poco più del 6% ma la metà dello scivolone si è concentrata il giorno della Befana e venerdì 7 ha fatto seguito un ulteriore calo dell’1 per cento invece del rimbalzo. Un’accelerazione che telegrafa un crash in arrivo per i big tech arrivati a fine corsa? Oppure una salutare correzione dagli eccessi che apre finestre di ingresso per comprare a saldo? Sembrerebbero tutte e due domande sbagliate, e quindi destinate a non avere una risposta utile. Parlare oggi di azioni tech non è la stessa cosa che era 22 anni fa parlare di new economy e titoli internet. Allora era un’avanguardia in territorio inesplorato, in un mondo che tutto sommato funzionava ancora prevalentemente con la old economy. Oggi il digitale è l’innervatura dell’intera economia globale, il cloud si usa in agricoltura, nei trasporti merci transoceanici, nell’oil&gas, nell’industria manifatturiera a cominciare dall’auto, nelle costruzioni e nelle infrastrutture, fino al credito e alla finanza. Ipotizzare il crash del tech vuol dire immaginare la fine del mondo.
DENTRO IL TECH C’È DI TUTTO
Evidentemente non è così. Bisogna andare a guardare dentro gli indici in profondità, e non solo il Nasdaq, perché anche nello S&P 500 la componente tech ormai pesa per almeno due terzi. E dentro si trova di tutto. Come Enphase Energy, caduta del 21% da inizio anno e distante ormai il 44% dai massimi di solo un paio di mesi fa, dopo una corsa mozzafiato, che continua però a scambiare a multipli stellari. Intanto, Enphase è tech o energy, un settore avanzato di quasi il 50% nel 2021? Applica la tecnologia alla produzione di solare e allo stoccaggio energetico. Oppure Nvidia, entrata in territorio Orso, visto che la distanza dai massimi supera anche se di poco il 20%, ma anch’essa reduce da una corsa sfrenata che l’ha portata a decuplicare il valore del titolo in tre anni, con una accelerazione mostruosa tra metà 2020 e l’inizio di dicembre, quando è iniziata la correzione. Parlare di Orso per un’azione che continua a valere tre volte quello che valeva 18 mesi fa sembra una presa in giro…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.