10 grandi aziende USA che operano ancora in Russia

L’invasione dell’Ucraina ha portato molte società statunitensi a interrompere le attività in Russia, ma aziende come Citigroup e Pepsi sono ancora operative

10 grandi aziende USA che operano ancora in Russia
5' di lettura

Ogni giorno che passa, un nuovo gruppo di grandi società statunitensi esprime la propria indignazione per l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia; spesso all’indignazione di affianca l’annuncio circa la sospensione o cessazione delle operazioni commerciali nel Paese.

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Comunque, non tutte le grandi aziende stanno staccando la spina alle proprie attività in Russia. Secondo i dati redatti dalla Yale School of Management, una schiera piuttosto considerevole di titani aziendali mantiene un approccio immutato, anche se a volte non per propria scelta.

Ecco dunque 10 aziende statunitensi ancora attive in Russia.

Citigroup Inc (NYSE:C)

Questo istituto finanziario ha tentato di uscire dalla Russia molto prima dell’invasione dell’Ucraina, ma è intrappolato in un pantano. Gli sforzi per vendere la sua attività di consumo sono in un limbo perché l’unico potenziale acquirente, la banca statale russa VTB Bank, è stato sanzionato dal governo degli Stati Uniti. La scorsa settimana il direttore finanziario di Citigroup, Mark Mason, ha affermato che la banca potrebbe dover cancellare quasi 9,8 miliardi di dollari dalla sua esposizione alla Russia.

Coca-Cola Co (NYSE:KO)

Richieste di boicottaggio dei social media contro l’azienda di bevande con sede ad Atlanta circolano da giorni a causa di Coca-Cola Hellenic Bottling Company AG, l’azienda svizzera che distribuisce i prodotti Coca-Cola in Russia. Questa società non ha mostrato segni di voler sospendere le attività, arrivando anche a dire all’agenzia di stampa russa Tass: “Tutte le strutture operative, produttive e logistiche di Coca-Cola in Russia stanno funzionando. Siamo pienamente responsabili nei confronti dei partner, della società e delle migliaia di nostri dipendenti in Russia. La nostra priorità assoluta è la sicurezza dei nostri dipendenti”.

Estée Lauder Companies Inc (NYSE:EL)

Questo fornitore di prodotti per la cura della pelle e dei capelli con sede a New York genera il 2,7% dei suoi ricavi — circa 500 milioni di dollari — dalle vendite in Russia. Il 4 marzo la società ha rilasciato una dichiarazione insistendo sul fatto che è “impegnata a sostenere le persone colpite dall’invasione dell’Ucraina”, ma ha anche aggiunto che la sua “priorità è la sicurezza e il benessere di tutti i dipendenti di ELC; monitoriamo costantemente la situazione e valutiamo tutte le misure possibili per sostenerli”.

Herbalife Nutrition Ltd (NYSE:HLF)

La società di marketing multilivello realizza il 3% del suo fatturato, ovvero circa 150 milioni di dollari, dalle vendite in Russia. Durante la chiamata degli utili del 23 febbraio, il giorno prima dell’invasione dell’Ucraina, il presidente di Herbalife John DeSimone ha risposto a una domanda su quest’area geografica. DeSimone ha dichiarato che, sebbene vi sia un rischio in Russia, “il rischio più grande è probabilmente in Ucraina, e non è un Paese essenziale per noi.” La società non ha ancora diffuso ulteriori commenti pubblici sulla Russia.

Hilton Hotels Corporation (NYSE:HLT)

Tra i gruppi alberghieri statunitensi, Hilton ha il maggior numero di sedi in Russia con 29 hotel; la sua unica attività in Ucraina è un hotel nella capitale Kiev. Le sedi russe sono ancora operative e la società non ha ancora rilasciato commenti pubblici sulla crisi nell’area.

Kimberly-Clark Corp (NYSE:KMB)

Il fornitore di prodotti per la cura della persona fa parte del mercato russo dal 1996 e genera il 3% delle sue entrate (600 milioni di dollari) dalle vendite in questo Paese. A gennaio del 2019 Kimberly-Clark ha annunciato un investimento da 80 milioni di dollari per ampliare la fabbrica di Stupino, una città a circa 100 chilometri a sud di Mosca. Come per la maggior parte delle società presenti in questa lista, Kimberly-Clark non ha offerto alcun commento pubblico sulle azioni della Russia in Ucraina.

McDonald’s Corp (NYSE:MCD)

La catena di fast food realizza il 9% dei suoi ricavi, ovvero circa 2,3 miliardi di dollari, dai mercati di Russia e Ucraina. La maggior parte delle sue sedi russe sono di proprietà aziendale, con la società che ha resistito alle crescenti richieste da parte di consumatori e politici di chiudere i suoi ristoranti russi.

Papa John’s International Inc. (NASDAQ:PZZA)

La catena con sede ad Atlanta ha 185 ristoranti in Russia e non ha intenzione di chiuderli. Il 24 febbraio (giorno dell’invasione dell’Ucraina), in occasione della chiamata degli utili del quarto trimestre, il presidente e CEO di Papa John’s, Robert Lynch, ha dichiarato che qualsiasi modifica alla situazione dei “nostri ristoranti in Russia dipenderà da quanta interruzione ci sarà e dall’impatto di tale attività”. Lynch ha aggiunto che la società non ha ristoranti in Ucraina.

PepsiCo Inc. (NASDAQ:PEP)

Non diversamente dalla sua perenne rivale Coca-Cola, anche PepsiCo è fortemente investita in Russia, con il 4,4% delle sue entrate (3,4 miliardi di dollari) provenienti da questo mercato. La società con sede a Purchase (New York) è una delle aziende che stanno subendo pressioni dal Controllore dello Stato di New York Thomas DiNapoli per ripensare le loro attività in Russia. DiNapoli controlla i fondi pensione dello Stato di New York per un valore di 280 miliardi di dollari (i quali includono anche azioni PepsiCo); ha affermato senza mezzi termini che sarebbe nel migliore interesse della società “rispondere ai vari rischi di investimento associati al mercato russo”.

Starbucks Corporation (NASDAQ:SBUX)

La catena di caffè con sede a Seattle ha 130 sedi autorizzate in Russia e non ha alcuna presenza in Ucraina. Sebbene il CEO Kevin Johnson non stia costringendo i suoi partner russi a chiudere, attraverso un promemoria interno ha informato i suoi dipendenti che l’azienda “donerà tutte le royalty dalle nostre operazioni commerciali in Russia alle iniziative di soccorso umanitario per l’Ucraina”.

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