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    La fine della “vecchia” globalizzazione non è un ritorno al passato

    Financialounge.comBy Financialounge.com19/04/2022 Notizie internazionali 2 min. di lettura
    La fine della “vecchia” globalizzazione non è un ritorno al passato
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    Dalla Brexit e dall’elezione di Trump nel 2016 la globalizzazione ‘low cost’ di Clinton ha cambiato traiettoria con le accelerazioni della pandemia e della guerra in Ucraina. Ai mercati piace ma anche i rischi sono nuovi

    La globalizzazione come l’abbiamo conosciuta negli ultimi 30 anni non c’è più. Ma non vuol dire per forza che i protagonisti dell’economia mondiale – USA, Cina, Europa – torneranno a chiudersi in fortezze protezionistiche e autarchiche come negli anni 30 del secolo scorso, con il catastrofico risultato finale che tutti sanno. E allora come sarà la globalizzazione 2.0? Pandemia e guerra in Ucraina hanno fornito probabilmente un assaggio più sostanzioso delle guerre dei dazi di Trump nei confronti di cinesi, europei e perfino i partner del Nafta nord americano.

    QUANDO IL PIL DELL’URSS INSEGUIVA GLI USA

    Ai tempi della guerra fredda, gli USA come oggi erano il contributore numero uno al PIL globale con 4.400 miliardi di dollari, seguiti da URSS con circa la metà, Giappone e Germania Ovest, mentre la Cina viaggiava all’ottavo posto con poco più di 700 miliardi, dietro a Italia e Brasile. La caduta del muro di Berlino e il collasso sovietico cancellavano Mosca dalla classifica, il suo posto veniva preso dal Giappone e la Cina scalava un paio di posizioni. Poi la globalizzazione alla Clinton la proietta al secondo posto a partire dal 2010…

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    Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.

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