S’infiamma il petrolio: chi ha il controllo sull’aumento dei prezzi?

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Il greggio continua la sua salita verso i 100 dollari al barile, con aumenti ai distributori e scelte da compiere per le banche centrali. Cosa (o chi) c’è dietro a questo incremento continuo? Quando si fermerà?

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Solfuro di fosforo e clorato di potassio. Se mai vi foste chiesti da cosa fosse composta la testina rossa dei fiammiferi, ora lo sapete. Il nostro consueto appuntamento della domenica comincia proprio da qui, da una capocchia sfregata contro un nastro abrasivo appena prima di infiammarsi.

Ora immaginate la scena vista da molto vicino, a rallentatore: il fiammifero che lento striscia sulla scatola, il suono ovattato, qualche fugace scintilla e poi il fuocherello scoppiettante in cima al legnetto. Le due dita che lo reggevano lo lasciano cadere, e la nostra telecamera immaginaria lo segue mentre ruzzola in aria prima che tocchi terra. Cosa ci sia sul pavimento, non ci è dato saperlo. Non ancora.

La sensazione di attesa e smarrimento è quella che stiamo vivendo di fronte al momento del petrolio, nella sua inesorabile salita sempre più verso i 100 dollari al barile. Un’enormità, specialmente per chi si ritrova delle cifre non proprio simpatiche al distributore.

Il perché di questo incremento è di fronte ai nostri occhi, eppure ci appare sfuggente: un po’ come l’identità di quella mano che ha lasciato cadere il nostro drammatico fiammifero. Chi lo ha acceso? E perché lo ha lasciato cadere? Cosa lo aspetta quando toccherà terra?

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Come nel proverbio, anche sui mercati c’è sempre chi scende e chi sale. E se il nostro fiammifero sta cadendo verso il basso, il prezzo del greggio punta dritto alla cifra tonda. Sarebbe la prima volta nel 2023, con WTI e Brent sempre attorno ai 90 e ai 95 dollari dopo un aumento dei prezzi del 30% da giugno. Domenicantonio De Giorgio, professore in Financial Markets, Credit and Banking dell’Università Cattolica – ospite in settimana ai nostri microfoni per SpeechBox – ha affermato che i prezzi reali del barile hanno già valicato le tre cifre, specialmente se osserviamo il petrolio acquistato e trasformato nelle valute locali dei singoli Paesi, prima di riconvertirne il valore in dollari. Questo micromomento di macroeconomia è peculiare, ma l’impatto sulle politiche monetarie delle banche centrali – Fed in primis – dovrebbe essere più o meno tiepido, con Powell che – assieme alla Bank of England e alla Banca Nazionale Svizzera – lascia invariati i tassi, per ora. La situazione non è così grave, ma questa tensione dei prezzi verso l’alto potrebbe essere proprio come il nostro fiammifero, pronto ad accendere nuovamente il fuoco dell’inflazione. Ma ancora una volta torna la domanda: di chi è la mano che lascia cadere il fiammifero? E se invece le mani fossero più di una?..

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Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.