Erik Knutzen (CIO Multi-Asset Class di Neuberger Berman) rivela che in ambito azionario è incline a sposare le previsioni degli analisti macro mentre nel credito e nelle materie prime sposa le tesi degli analisti bottom-up
Analizzando le previsioni di mercato per il 2023 si nota come quelle basate su fattori macroeconomici divergano sempre di più dalle previsioni basate sui fondamentali microeconomici. Tra economisti e strategist macro si sta rafforzando il consensus secondo cui il 2023 sarà un anno di rallentamento della crescita economica e dell’inflazione. Storicamente questo si traduce in impatti negativi per azioni, credito e materie prime. “Tuttavia, gli analisti bottom-up, quelli che studiano il mercato esaminando una serie di fattori microeconomici e le singole aziende, hanno un’idea molto diversa”, riferisce Erik Knutzen, Chief Investment Officer—Multi-Asset Class di Neuberger Berman, convinto che la sfida principale quest’anno riguarderà il modo in cui queste differenze tenderanno a riallinearsi.
UNA EVIDENTE DIVERGENZA NEI MERCATI AZIONARI
Una divergenza che nei mercati azionari appare più evidente. Gli analisti top-down, che basano i loro studi sui trend macroeconomici, prevedono un sicuro calo degli utili aziendali alla luce del mix sfavorevole tra crescita e inflazione. La maggior parte dei macroeconomisti di Wall Street pronostica una recessione negli Stati Uniti nel corso del 2023, mentre le ultime previsioni del Fondo Monetario Internazionale ipotizzano una vera e propria recessione in un terzo del mondo. “Al contrario, gran parte degli analisti bottom-up si è limitato a limare le proprie previsioni: per esempio il dato di consenso dei profitti per l’indice S&P 500, è pari a 230 dollari ad azione, il 5% in più rispetto agli utili del 2022”, argomenta Knutzen…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.