Dopo una crescita vertiginosa per trent’anni gli scambi con gli USA sono crollati e con il centralismo e la pianificazione l’economia non riparte. La lezione del comunista Deng Xiaoping che puntò sul capitalismo
Spesso un grafico racconta più cose di migliaia di parole, come quello riportato qui sotto che disegna la parabola della Cina come partner commerciale degli USA dal 1987, l’anno in cui cominciano ad agire gli ‘spiriti animali’ liberati da Deng Xiaoping, asceso ai massimi vertici del grande paese cinque anni prima ma già saldamente al comando dal 1978. Aveva ereditato una nazione stremata dalla ‘rivoluzione culturale’ e praticamente irrilevante sulla scena economica globale. Deng non rinuncia al comunismo, perché rappresenta la continuità e la legittimazione del potere, ma ribalta il teorema in materia di economia e crescita: il capitalismo funziona meglio. E lancia la politica delle quattro grandi modernizzazioni: liberalizzazione economica, agricoltura, scienza e tecnologia, difesa.
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IL BOOM DELL’EXPORT E LA BOLLA IMMOBILIARE
Il risultato fu spettacolare, come mostra l’esplosione degli scambi con gli USA passati in trent’anni da quasi zero a oltre il 15% del totale globale, sorpassando tutti gli altri grandi partner commerciali, ma a beneficiarne furono i successori di Deng, da Hu Jintao a Jiang Zemin fino a Xi Jinping, come Angela Merkel vissuta per vent’anni di rendita sulle riforme di Gerhard Schroeder. Ma, soprattutto l’ultimo sembra aver dimenticato la lezione di Deng secondo cui il capitalismo funziona meglio. Come? Facendo girare i soldi. Quelli accumulati dai cinesi in trent’anni di boom delle esportazioni sono rimasti in gran parte sotto il materasso, o investiti in immobili, alimentando una colossale bolla, mentre i consumi, che in USA rappresentano il 70% del PIL, non sono mai arrivati al 40% e dopo il Covid la quota è scesa al 38%. L’economia capitalista crea ricchezza, ma poi bisogna spenderla, altrimenti la macchina si inceppa…
Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge.com.