La questione della tassa di soggiorno continua a suscitare dibattiti in Italia, con il Codacons che solleva dubbi sulla trasparenza del suo utilizzo da parte dei comuni italiani.
Cosa è successo
La tassa di soggiorno rappresenta una fonte di guadagno significativa per i comuni italiani, con entrate che hanno raggiunto i 702 milioni di euro nel 2023, un incremento del 9,5% rispetto all’anno precedente. Nonostante ciò, il Codacons sostiene che non vi sia sufficiente trasparenza su come questi fondi vengano effettivamente utilizzati dai comuni.
Il Codacons sottolinea che l’importo di questa tassa può variare da 1 a 10 euro a persona per notte, a seconda della località e del tipo di struttura ricettiva. Il numero di comuni che applicano questa tassa è aumentato da 11 nel 2011 a 1.013 nel 2023.
Roma, che applica una tariffa media di 5,5 euro, ha registrato entrate stimate in circa 120 milioni di euro all’anno grazie alla tassa di soggiorno. Si prevede che queste entrate raggiungeranno i 180 milioni di euro entro il 2024.
Il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, ha affermato: “I turisti non possono essere usati come bancomat dai comuni per prelevare soldi in assenza di certezze circa il reale utilizzo dei proventi della tassa di soggiorno”. Ha inoltre sottolineato che qualsiasi modifica dell’imposta deve essere accompagnata dall’obbligo per i comuni di rendere pubblica la destinazione effettiva dei fondi raccolti.
Perché è importante
La questione della trasparenza nell’utilizzo dei fondi derivanti dalla tassa di soggiorno è di fondamentale importanza. I turisti hanno il diritto di sapere come vengono utilizzati i loro soldi e i comuni hanno il dovere di garantire che questi fondi vengano utilizzati in modo appropriato e trasparente. Questa questione mette in luce l’importanza della trasparenza e della responsabilità nella gestione delle risorse pubbliche.
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